venerdì 27 maggio 2011

IL PRINCIPE RANOCCHIO



Il principe ranocchio
(da una fiaba dei fratelli Grimm)

C'era una volta un re, che aveva delle belle figlie, ma la più giovane era così bella che perfino il sole ne rimaneva abbagliato. Vicino al castello del re c'era un gran bosco tenebroso dove sotto un vecchio albero c'era una fontana: nelle ore più calde del giorno, la principessina andava nel bosco e sedeva vicino alla fresca sorgente; quando si annoiava, prendeva una palla d'oro, la buttava in alto e la ripigliava; e questo era il suo gioco preferito.
Un giorno la palla d'oro della principessina cadde nell'acqua e sparì nella sorgente assai profonda.
La principessa cominciò a piangere, sempre più forte, e non si poteva proprio consolare.

Mentre piangeva qualcuno le gridò: - Cos'hai principessa? Piangi da far pietà.
Lei si guardò intorno, per vedere da dove venisse la voce, e vide un ranocchio, che sporgeva dall'acqua la sua grossa testa deforme. Ah, sei tu, vecchio bruttone! - disse, - piango per la mia palla d'oro, che m'è caduta nella fonte.

Non piangere, - rispose il ranocchio, - ci penso io; ma che cosa mi darai, se ti ripesco il tuo balocco?
Quello che vuoi, caro ranocchio, - diss'ella, - i miei vestiti, le mie perle e i miei gioielli, magari la mia corona d'oro.
Il ranocchio rispose: - Le tue vesti, le perle e i gioielli e la tua corona d'oro io non li voglio: ma se mi vorrai bene, se potrò essere il tuo amico e compagno di giochi, seder con te alla tua tavola, mangiare dal tuo piatto d'oro, bere dal tuo bicchiere, dormire nel tuo letto: se mi prometti questo; mi tufferò e ti riporterò la palla d'oro.
Va bene disse la Principessa - ti prometto tutto quel che vuoi, purché mi riporti la palla.
Ma pensava: « Cosa va brontolando questo stupido ranocchio, che sta nell'acqua a gracidare e non può essere compagno di una creatura umana! »
Ottenuta la promessa, il ranocchio mise la testa sott'acqua, si tuffò e poco dopo tornò alla superficie; aveva in bocca la palla e la buttò sull'erba. La principessa, piena di gioia aI vedere il suo bel giocattolo, lo prese e corse via.
- Aspetta, aspetta! - gridò il ranocchio: - prendimi con te, io non posso correre come fai tu.
Ma la principessa non l'ascoltò, corse a casa e ben presto aveva dimenticato il ranocchio e la promessa che gli aveva fatto.
Il giorno dopo, seduta a tavola col re e tutta la corte, mentre mangiava dal suo piatto d'oro - plitsch platsch, plitsch platsch - qualcosa salì balzelloni la scala di marmo, e quando fu in cima bussò alla porta e gridò: - Figlia di re, piccina, aprimi!
Ella corse a vedere chi c'era fuori, ma quando aprì si vide davanti il ranocchio.
Allora sbatacchiò precipitosamente la porta, e sedette di nuovo a tavola, piena di paura. Il re si accorse che le batteva forte il cuore, e disse: - Di che cosa hai paura, bimba mia? Davanti alla porta c'è forse un gigante che vuol rapirti?
- Ah no, - rispose ella, - non è un gigante, ma un brutto ranocchio.
- Che cosa vuole da te?
- Ah, babbo mio, ieri mentre giocavo nel bosco vicino alla fonte, la mia palla d'oro cadde nell'acqua. Piangevo tanto e il ranocchio me l'ha ripescata; e per farlo volle una mia promessa: che sarebbe diventato il mio compagno; ma non avrei mai pensato che potesse uscire da quell'acqua. Adesso è fuori e vuol venire da me.
Intanto si udì bussare per la seconda volta e gridare:
- Figlia di re, piccina, aprimi!
Non sai più quel che ieri m'hai detto vicino alla fresca fonte? Figlia di re, piccina, aprimi!
Allora il re disse: - Quel che hai promesso, devi mantenerlo; va' dunque, e apri -.
Ella andò e aprì la porta; il ranocchio entrò e, sempre dietro a lei, saltellò fino alla sua sedia e gridò: - Sollevami fino a te.
La principessa non voleva, ma il re le ordinò di farlo. Appena fu sulla sedia, il ranocchio volle salire sul tavolo e quando fu sul tavolo disse: - ora avvicinami il tuo piattino d'oro, perché mangiamo insieme.
La principessa obbedì, ma si vedeva benissimo che proprio non voleva.
Il ranocchio mangiò con appetito, ma a lei quasi ogni boccone rimaneva in gola. Infine il rospo disse: - Ho mangiato tanto e sono stanco; adesso portami nella tua cameretta e metti in ordine il tuo lettino di seta: andremo a dormire.
La principessa si mise a piangere: aveva paura del freddo ranocchio, che non osava toccare e che ora doveva dormire nel suo bel lettino pulito.
Ma il re andò in collera e disse: - Non devi disprezzare chi ti ha aiutato nel momento del bisogno.
Allora ella prese la bestia con due dita, la portò di sopra e la mise in un angolo.
Ma quando fu a letto, il ranocchio venne saltelloni e disse: - Sono stanco, voglio dormir bene come te: tirami su, o lo dico a tuo padre.
Allora la principessa andò in collera, lo prese e lo gettò con tutte le sue forze contro il muro: - Adesso starai zitto, brutto ranocchio!
Ma quando cadde a terra, per magia non era più un ranocchio: era diventato un bel principe dagli occhi ridenti.
Per volere del padre era destinato a diventare il suo caro compagno e sposo.
Le raccontò che era stato stregato da una cattiva maga e nessuno, all'infuori della principessa avrebbe potuto liberarlo. Il giorno dopo sarebbero andati insieme nel suo regno. Così si addormentarono.
La mattina dopo, quando il sole li svegliò, arrivò una carrozza con otto cavalli bianchi che avevano pennacchi bianchi in testa e i finimenti d'oro; e dietro c'era il servo del giovane re, che si era così dispiaciuto quando il suo padrone era stato trasformato in ranocchio.
Ma ora poteva riportare il principe nel suo regno; fece entrare i due giovani nella carrozza e salì dietro pieno di gioia.
Quando arrivarono al Castello del Principe furono celebrate le nozze e i due giovani vissero per sempre felici e contenti.

L'unico fastidio era che ogni tanto il principe si tuffava nel fossato intorno al Castello e ne ritornava fuori trasformato in un ranocchio: era la maledizione della maga cattiva che continuava il suo effetto !
Ma la principessa ormai conosceva il rimedio: portava il suo marito ranocchio in camera loro, lo sbatteva contro il muro così che lui tornava ad essere il bel principe che lei aveva sposato.
E così rimaneva, fino al prossimo tuffo nel fossato...

Una volta che passavo davanti al castello incontrai la principessa che stava raccogliendo il ranocchio dal fossato. Mi salutò e sorrise dicendomi: che cosa ci posso fare, lui non sa resistere all'impulso di tuffarsi...Del resto basta sbatterlo contro il muro che torna come prima.





venerdì 20 maggio 2011

PIERINO E IL LUPO

PIERINO E IL LUPO
Il famoso brano musicale..."animato" da walt disney.
Circa 8 minuti di piacevole intrattenimento.
Buona visione,
nonnorso

L'USIGNOLO DELL'IMPERATORE


L'USIGNOLO DELL'IMPERATORE
(da una fiaba di H.C. Andersen)

Nell'Impero del Catai, la grande Cina imperiale, il grande Re Imperatore spesso si annoiava...: non bastavano tutti i giochi, le novità, le curiosità e gli spettacoli che per lui venivano preparati !
Ma un giorno un suo saggio consigliere gli raccontò di un uccello, nascosto in un folto bosco, il cui canto era talmente bello, delizioso e melodioso da rendere subito felice chiunque lo ascoltasse.
Il Re Imperatore allora decise: devo avere quell'uccello!
Ordinò così alle sue guardie di trovarlo e di portarglielo, assolutamente, al più presto !
Le guardie cercarono dapertutto, in ogni angolo di ogni bosco, ma senza riuscire a trovarlo ! Il Re era arrabiatissimo dei loro insucessi e li minacciava di chiuderli tutti in prigione se al più presto non gli avessero portato quell'uccello canterino.
Infine il capo delle guardie seppe da una servetta del castello che lei, quando alla sera tornava a casa attraversando il bosco, udiva un bellissimo canto melodioso, molto commovente...
Così l'uccellino, che era un Usignolo, fù trovato e portato al Re che lo ascoltò e rimase affascinato dal suo dolcissimo canto ! Gli fece costruire un trespolo d'oro e lo volle sempre con se, nella sua camera ed ovunque poi andasse.
L'usignolo divenne il compagno inseparabile dell'Imperatore, che voleva sempre sentirlo cantare, senza mai stancarsi.

Passò cosi' diverso tempo, ma un giorno venne da un Paese lontano un Ambasciatore che portò al Re un dono molto particolare: era una scatoletta sopra la quale stava apollaiato un ucello finto, meccanico, fatto di metallo.
Ma bastava girare una chiavetta della scatola per caricare una molla che attivava il meccanismo che faceva muovere e cantare l'uccellino finto !
Il Re e tutta la sua corte furono molto sorpresi ed impressionati da quel miracolo meccanico che subito prese il posto del vero usignolo.
Il suo canto era altrettanto melodioso, ma alla lunga ripetitivo: la sua musica era sempre quella, perfetta ma senza variazioni, senza quelle differenze che solo gli stati d'animo di un cuore vivo possono modulare...
Dopo un pò di tempo il Re ne fù quasi stufo e volle riascoltare di nuovo il vero usignolo vivo, che però era nel frattempo sparito, tornando a nascondersi, libero nel suo bosco. Né si riuscì più a trovarlo.
Poi capitò anche che l'uccello meccanico si ruppe ! L'orologiaio del Re riuscì a ripararlo, ma il meccanismo rimase delicato e poteva essere usato raramente, perchè altrimenti si sarebbe potuto rompere di nuovo, senza più potersi riparare.
Il Re allora divenne triste ed infine si amalò. I medici imperiali che cercavano di curarlo capirono infine che la sua era una grande malinconia.
Ma per quella malinconia il Re arrivò in fin di vita !
Quando la Morte gli si presentò dicendogli che era arrivata la sua ora il Re chiese, come ultimo desiderio, di poter sentire ancora una volta la sua musica preferita, ma la scatola con il finto uccello non funzionava più, era rotta per sempre. Il Re ormai disperava di poter ancora udire quella musica bellissima, quando dalla sua finestra aperta salì un meraviglioso canto melodioso: era il vero Usignolo che era tornato a cantare nei giardini imperiali.
Il suo canto riuscì miracolosamente a far guarire il re ed ad allontanare la Morte ! Il Re chiamò a se l'uccellino vero e lo pregò di rimanere per sempre con lui, senza più andarsene.
Ma l'usignolo, che invece voleva poter vivere libero nel suo bosco gli disse:
"Caro Imperatore, io continuerò a rimanere libero, tra gli alberi fuori dal tuo Castello, ma tu potrai chiamarmi tutte le volte che vorrai ed io canterò per tè, sempre, finchè non prenderai sonno.
Così fecero e vissero per sempre felici e contenti !

Quando una volta mi trovavo in Cina, verso sera passai accanto al Castello del Re e sentii anch'io il meraviglioso canto dell'usignolo: ne rimasi rapito e finii con l'addormentarmi nel bosco, ripartendone il mattino dopo, assai contento e ben riposato. Il canto di quell’Usignolo era davvero speciale !

Nonnorso.

lunedì 16 maggio 2011

LA REGINA DELLE NEVI


LA REGINA DELLE NEVI
(da una fiaba di H.C.Andersen)

Un Mago Stregone tanto cattivo aveva costruito una grande lente magica che aveva il potere del male: guardandoci attraverso si vedevano brutte le cose belle e cattive quelle buone. Ma non solo, chi ci guardava dentro diventava cattivo !
Hans e Gerda erano due bimbi, compagni di scuola e grandi amici che giocavano sempre assieme. Un giorno il vento portò un bruscolino nell'occhio di Hans: lui ne ebbe un grande fastidio, ma non riusci a toglierlo, così quel bruscolo gli arrivò fino al cuore facendolo diventare cattivo. Era un piccolissimo pezzetto delle lente magica del male che si era rotta in mille frantumi e che il vento aveva disperso in giro per il mondo !
Da allora il ragazzo non fù più lo stesso: era divenuto sempre arabbiato, scontroso e dispettoso...La povera Gerda non sapeva più come prenderlo !
Un giorno Hans sparì: mentre d'inverno andava a scuola pattinando sui canali ghiacciati gli si avvicinò la Regina delle Nevi che lo rapì e lo portò via,nel suo mondo di giaccio, su al Polo Nord, in capo al mondo.
Tutti lo cercarono invano, i suoi genitori, gli amici e sopratutto Gerda.
Quando giunse la Primavera Gerda decise di partire di nascosto alla ricerca di Hans: salì su di una barchetta e si fece portare dalla corrente, sino al grande mare aperto, in cui navigò alla deriva finchè, stanca ed affamata non arrivò ad una terra dove fù soccorsa da una tribù di Zingari, accampati in riva al mare. Gli Zingari la presero con loro, usandola come serva e costringendola a mendicare. Le insegnarono anche i trucchi per leggere la mano e predire la fortuna, ma un giorno finalmente Gerda riuscì a scappare dagli Zingari ed a rifugiarsi in un Castello, dove abitava un Mago buono e gentile che la ospitò e le chiese da dove venisse e che cosa stesse cercando.
Saputa la storia di Hans, che era sparito l'inverno prima, il Mago andò a vedere nella sua grande sfera di cristallo, l'occhio magico del tempo e dello spazio. Guardandoci bene dentro il Mago riusci infine a trovare Hans, dove era andato a finire, prigioniero nel Castello ghiacciato della regina delle Nevi. Lo disse a Gerda, che disperata si mise a piangere: come potrò mai arrivare fino a lui ?
Ma il buon Mago, che altri non era che Babbo Natale, prestò a Gerda la sua grande slitta, tirata da otto veloci renne alate.
Salita sulla slitta la ragazza arrivò presto al Polo Nord, nel Mondo del Ghiaccio, dove regnava la Regina delle nevi. Riuscì ad entrare nel Castello ghiacciato, dove tutto era bianco, freddo ed immobile perchè congelato. Girò tutto il castello finchè non riusci ad intravedere, immobile all'interno di un blocco di ghiaccio, Hans che dormiva.
Lo chiamo, urlando più volte con tutte le sue forze, ma il ragazzo restava immobile ed insensibile, prigioniero nel blocco di ghiaccio.
Allora Gerda disperata abbracciò quel pezzo di ghiaccio e riuscì a scioglierlo con tutto il calore del suo corpo e del suo amore, fino a risvegliare Hans ed a liberarlo da quella gelida prigione.
Anche la Regina delle Nevi si svegliò e corse per riprenderli, ma i due ragazzi furono svelti a saltare sulla slitta di Babbo Natale, il Mago buono, ed scappare veloci senza che la Regina delle Nevi potesse più raggiungerli.

Quando tornarono a casa ci fù una gran festa, alla quale fù invitato anche nonnorso perchè potesse poi raccontarvi questa fiaba.
Hans e Gerda poi, divenuti un pò più grandi si sposarono e vissero per sempre felici e contenti !



sabato 7 maggio 2011

NELLA TERRA DEI CANGURI

Bianca e Barnie nella terra dei canguri:

Ecco l'avventuroso inizio di questo cartoon, sei minuti da non perdere !
Buona visione.


venerdì 6 maggio 2011

I VESTITI D'ORO DELL'IMPERATORE


Gli abiti nuovi dell'imperatore
(dall'originale di H.C.Andersen)

C'era una volta un imperatore così vanitoso da spendere tutto il suo denaro soltanto per vestirsi con eleganza. Non aveva nessuna cura per i suoi soldati, nè per il teatro o le passeggiate nei boschi, a meno che non si trattasse di sfoggiare i suoi vestiti nuovi: aveva un vestito per ogni ora del giorno, e passava gran parte del suo tempo a cambiarsi.
Nel suo regno c'era sempre da divertirsi: ogni giorno arrivavano forestieri, e una volta vennero anche due truffatori che dicevano di essere tessitori e di saper fabbricare la stoffa più incredibile mai vista. Non solo i disegni e i colori erano meravigliosi, ma gli abiti prodotti con quella stoffa avevano un curioso potere: essi erano invisibili per tutte le persone che non erano all'altezza della loro carica, o che erano molto stupide.
"Quelli sì che sarebbero degli abiti meravigliosi!", pensò l'imperatore: con quelli indosso, io potrei riconoscere gli incapaci che lavorano nel mio impero, e saprei distinguere gli stupidi dagli intelligenti! Devo avere subito quella stoffa!".
E pagò i due truffatori, affinchè essi si mettessero al lavoro.
I due montarono un telaio e finsero di cominciare il loro lavoro, ma non avevano nessuna stoffa da tessere. Chiesero senza tanti complimenti la seta più bella e l'oro più brillante, li nascosero nella loro borsa, e continuarono a far finta di tessere, coi telai vuoti, fino a tarda notte.
"Mi piacerebbe sapere a che punto stanno con la stoffa!", pensava intanto l'imperatore; ma si sentiva un po' nervoso al pensiero che una persona stupida, o incompetente, non avrebbe potuto vedere l'abito. Non che lui temesse per sè, figurarsi: tuttavia volle prima mandare qualcun altro a vedere come procedevano i lavori.
Nel frattempo tutti gli abitanti della città avevano saputo delle incredibili virtù di quella stoffa, e non vedevano l'ora di vedere quanto stupido o incompetente fosse il proprio vicino.
"Manderò dai tessitori il mio vecchio e fidato ministro", decise l'imperatore, "nessuno meglio di lui potrà vedere che aspetto ha quella stoffa, perché è intelligente e nessuno più di lui è all'altezza del proprio compito".
Così quel vecchio e fidato ministro si recò nella stanza dove i due tessitori stavano fingendo di tessere sui telai vuoti. "Santo cielo!", pensò, spalancando gli occhi, "Non vedo assolutamente niente!"
Ma non disse nulla.
I due tessitori gli chiesero di avvicinarsi, e gli domandarono se il disegno e i colori erano di suo gradimento, sempre indicando il telaio vuoto: il povero ministro continuava a fare tanto d'occhi, ma senza riuscire a vedere niente, anche perché non c'era proprio niente da vedere.
"Povero me", pensava intanto, "ma allora sono uno stupido? Non l'avrei mai detto! Ma è meglio che nessun altro lo sappia! Non sarei più degno della mia carica di ministro? No, non posso far sapere che non riesco a vedere la stoffa!"
"E allora, cosa ne dice", chiese uno dei tessitori.
"Belli, bellissimi!", disse il vecchio ministro, guardando da dietro gli occhiali. "Che disegni! Che colori! Mi piacciono moltissimo, lo dirò all'imperatore."
"Ah, bene, molto bene", risposero quei due, e quindi si misero a discutere sulla quantità dei colori e a spiegare le particolarità del disegno. Il vecchio ministro ascoltò tutto molto attentamente, per poterlo ripetere fedelmente quando sarebbe tornato dall'imperatore; e così fece.
Allora i due truffatori chiesero ancora soldi, e seta, e oro, che gli sarebbe servito per la tessitura. Ma poi infilarono tutto nella loro borsa, e nel telaio non ci misero neanche un filo. E continuarono a tessere sul telaio vuoto.
Dopo un po' di tempo l'imperatore inviò un altro funzionario, assai valente, a vedere come procedevano i lavori. Ma anche a lui capitò lo stesso che al vecchio ministro: si mise a guardare, a guardare, ma siccome oltre ai telai vuoti non c'era niente, non poteva vedere niente.
"Guardi la stoffa, non è magnifica?", dicevano i due truffatori, e intanto gli spiegavano il meraviglioso disegno che non esisteva affatto.
"Io non sono uno stupido!", pensava il valente funzionario. "Forse che non sono all'altezza della mia carica! Davvero strano! Meglio che nessuno se ne accorga!" E così iniziò anche lui a lodare il tessuto che non riusciva a vedere, e parlò di quanto gli piacessero quei colori, e quei disegni così graziosi. "Sì, è davvero la stoffa più bella del mondo", disse poi all'imperatore.
Tutti i sudditi non facevano che discutere di quel magnifico tessuto. Infine anche l'imperatore volle andare a vederlo, mentre era ancora sul telaio. Si fece accompagnare dalla sua scorta d'onore, nella quale c'erano anche i due ministri che erano già venuti, e si recò dai due furbi imbroglioni, che continuavano a tessere... il filo che non c'era.
"Che bella stoffa?", dicevano i due funzionari; "Che disegni, Maestà! Che colori!", e intanto indicavano il telaio vuoto, sicuri che gli altri vedessero la stoffa che davvero non c'era.
"Ma cosa sta succedendo?", pensò l'imperatore, "non vedo proprio nulla! Terribile! Che io sia stupido? O magari non sono degno di fare l'imperatore? Questo è il peggio che mi potesse capitare!"
Ma
intanto diceva "è bellissimo, avete tutta la mia approvazione!", e fissava il telaio vuoto facendo finta di essere contento: mica poteva dire che non vedeva niente! Tutti gli altri guardavano, guardavano, ma anche loro senza vedere nulla! Però tutti facevano finta di vedere e ripetevano le parole dell'imperatore: "Bellissimo!"
"Magnifico! Eccellente!", ripetevano in coro.
L'imperatore consegnò ai due imbroglioni la Spada di Cavaliere da tenere appesa al fianco, e li nominò Grandi Tessitori.
Per tutta la notte prima della sfilata di corte, quei due rimasero alzati con più di sedici candele accese, di modo che tutti potessero vedere quanto era difficile confezionare i nuovi abiti dell'imperatore. Quindi fecero finta di staccare la stoffa dal telaio, e poi con due forbicioni tagliarono l'aria, cucirono con un ago senza filo, e alla fine dissero: "Ecco i vestiti, sono pronti!"
Venne allora l'imperatore in persona, coi suoi cavalieri, e i due truffatori, tenendo il braccio alzato come per reggere qualcosa, gli dissero: "Ecco qui i pantaloni, ecco la giacchetta, ecco la mantellina..." eccetera. "Che stoffa! È leggera come una tela di ragno! Sembra quasi di non avere indosso nulla, ma è questo appunto il suo pregio!"
"Già", dissero tutti i cavalieri, anche se non vedevano niente, perché non c'era niente da vedere, ma non volevano far la figura degli scemi.
"E ora", dissero i due imbroglioni, se Sua Maestà vorrà degnarsi, noi lo aiuteremo a indossare questi abiti nuovi proprio qui di fronte allo specchio!"
L'imperatore si spogliò, e i due truffatori fingevano di porgergli, uno per uno, tutti i vestiti che in realtà non esistevano. Quindi lo presero per la vita e fecero finta di legargli dietro lo strascico.
Ora l'imperatore si girava e rigirava allo specchio. Ma era in realtà completamente nudo !
"Come sta bene! Questi vestiti lo fanno sembrare più bello!", tutti dicevano. "Che disegno! Che colori! Che vestito incredibile!"
"Stanno arrivando i portatori col baldacchino che starà sopra la testa del re durante il corteo!", disse il Gran Maestro del Cerimoniale.
"Sono pronto", disse l'imperatore. "Sto proprio bene, non è vero?" E ancora una volta si rigirò davanti allo specchio, facendo finta di osservare il suo vestito, ma osservando in realtà solo le sue nudità.
I ciambellani che erano incaricati di reggergli lo strascico finsero di raccoglierlo per terra, e poi si mossero tastando l'aria: mica potevano far capire che non vedevano niente.
Così l'imperatore marciò alla testa del corteo, sotto il grande baldacchino, e la gente per la strada e alle finestre non faceva che dire: "Dio mio, quanto sono belli gli abiti nuovi dell'imperatore! Gli stanno proprio bene!" Nessuno voleva confessare di non vedere niente, per paura di passare per uno stupido, o un incompetente. Tra i tanti abiti dell'imperatore, nessuno aveva mai riscosso tanto successo.
Ma ad un certo punto un piccolo bambino si mise a gridare "Santo cielo, ma
l'imperatore è nudo, non ha niente adosso!" ed il padre del bimbo disse anche lui: "Questa è la voce dell'innocenza! E' vero, il re è nudo !". Così tutti si misero a sussurrare quello che aveva detto il bambino."Non ha nulla indosso! C'è un bambino che dice che non ha nulla indosso!" Poi un pò alla volta tutti si misero a gridare:" Il re è nudo ! Non indossa nessun vestito !". E l'imperatore rabbrividì, perché sapeva che avevano ragione; ma intanto pensava: "Ormai devo finire questa sfilata facendo finta di niente!", e così si drizzò, tutto nudo, ma ancora più fiero, mentre i ciambellani lo seguivano reggendo una coda che non c'era per niente.

Da allora si usa dire che "Il re è nudo!" per smascherare il conformismo
che induce la massa della gente a fare ipocritamente finta di credere in qualcosa che non c'è, ma che a qualcuno fà comodo far finta che ci sia.


domenica 1 maggio 2011

ALBATROS AIRLINES
Un breve, simpatico video da Bianca e Barnie
Buon divertimento.

Nonnorso consiglia anche la lettura della sottostante favola:
"Il granchio gioca col mare"




IL GRANCHIO GIOCA COL MARE
(da una favola di R. Fipling)

Nel più lontano tempo dei tempi, quando il Gran Mago aveva fatto la terra e poi il mare, fece poi tutti gli animali e a ciascuno assegno la sua parte: chiamò l'Elefante e gli disse: "tu farai l'Elefante" ed il bestione si mese subito a fare la sua parte; chiamò il Castoro e gli disse: "tu farai il Castoro" e lui si tuffò nei fiumi e cominciò subito a fare dighe per la sue tane...e così fù per la Mucca, la Tartaruga, l'Aquila, il Delfino e tutti gli altri animali.
Verso sera quando il Gran Mago ebbe quasi finito di assegnare ad ogni animale la su aparte, arrivò l'uomo Adamo e quando imparò cosa aveva fatto il Gran Mago gli disse : "tutto bene mio Signore, però ti prego, fà che tutti gli animali mi obbediscano sempre!"
Ma mentre parlavano il Granchio Pau Amma, che stava aspettando di avere assegnata la sua parte, se ne scappò via, camminando di traverso fino il mare pensando che lui non voleva proprio obbedire all'animale Uomo Adamo.
Ma con Adamo c'era la sua nipotina Carolina(*) che vide il Granchio scappar via.
Il giorno dopo il Gran Mago andò a fare un giro per vedere se gli animali facevano tutti bene la loro parte: a Nord trovò l'alefante che scavava ed aveva fatto dei gran mucchi di terra, allora il Gran Mago ci soffiò sopra e quei mucchi di terra diventarono le montagne dell'Himalaya, le più alte del mondo.
Poi ad est trovò la Mucca che si stava mangiando tutta l'erba dei prati, lasciandovi la nuda terra, allora il Gran Mago soffiò su quella terra che diventò i grandi deserti del Kalahari e del Sahara.
Ad ovest trovò il Castoro che stava costruendo delle grandi dighe che fermando i fiumi avevano creato grandi lagune, allora il Gran Mago soffiò su quelle acque che diventarono le pianure paludose della Florida.
A sud trovò la Tartaruga che scavava nella sabbia in riva al mare, mescolando così terra e mare: il Gran Mago ci soffiò sopra creando le grandi isole dell'Indonesia.
E così continuò il suo giro, ritrovando ogni animale nella sua parte e soffinado sopra il risultato del suo lavoro per dare alla terra un aspetto definitivo, di grandi pianure, alte montagne, fiumi, laghi, isole ecc...

Infine incontrò l'uomo e gli chiese: "allora Adamo, ti obbediscono gli animali ?"si rispose l'uomo; e la terra ti obbedisce ? Si ; ed il mare, ti obbedisce? No ! RisposeAdamo: ogni giorno ed ogni notte, per due volte il mare se ne va per conto suo, corre su per i fiumi dentro la terra piatta coprendola e poi si ritira indietro, scappa lasciando solo fango e così la mia canoa non riesce più a navigare. E' forse questo il lavoro che tu gli hai detto di fare?
No! Rispose il Gran Mago, così non va proprio bene !
Guarda! Disse Adamo : proprio in quel momento il mare si alzò allagando il fiume Perak facendolo traboccare fuori dalle rive ed allagando tutta la foresta, su fino alla casa dell'uomo.
Questa è cattiveria, disse allora il Gran Mago, saliamo sulla tua canoa e andiamo a vedere chi è che gioca col mare. Così entrarono nella corrente del fiume Perak, ma proprio in quel momento il mare cominciò a ritirarsi, a scappare indietro trascinando la canoa fuori al largo lontano da riva. Allora il gran Magò saltò su, in piedi nella canoa e si mise a gridare:"Chi è quel disobbediente che gioca col mare facendo questi stupidi scherzi? Ma tutti gli animali della terra, gli uccelli ed anche i pesci risposero che no, nessuno di loro era stato.
In quel momento era spuntata la Luna, rossa e grossa sull'acqua e allora anche lei il Gran Mago chiese se sapesse chi fosse a giocare col mare, ma lei disse di non saperne nulla.
A quel punto fù la nipotina di Adamo, Carolina(*) che ricordò al Gran Mago quello che aveva visto e cioè che il Granchio era scappato via prima che gli fosse sassegnata la sua parte.
Ah, disse allora il Gran Mago, allora è APau Amma il Granchio a giocare col mare !
Così ripresero a remare la piroga e andarono a cercare il Granchio.
Lo trovarono nel cuore del mare a Pusat Tasek, dove c'è una gran buca che arriva al centro della terra, dove cresce anche l'albero magico delle noci gemelle.
Pau Amma il Granchio era nascosto in fondo, sotto le radici dell'albero magico e da lì lo tirò fuori il Gran Mago, che disse: ecco chi gioca col mare! Cosa stai combinando Pau Amma ? Il Granchio rispose: io esco due volte, di giorno e di notte, per cercarmi da mangiare. Così il Gran Mago capì che ogni volta che usciva e poi rientrava il Granchio provocava l'alta e poi la bassa marea, cioè l'alzarsi ed abbassarsi del mare.
Lo spiegò a Pau Amma che si mise a ridere: non sapevo di essere così importante ! D'ora in poi uscirò sette volte al giorno e il mare non starà mai fermo!
Io non posso permetterti di far questo, gli rispose il Gran Mago, vieni su dal mare che ne parliamo.
Il Granchio salì in superficie e...illuminato dalla luna, era a quel tempo una bestia enorme, la più grande fra tutti gli animali, il suo guscio era tanto grande da toccare isole lontanissime tra di loro !
Mentre risaliva scontrò l’albero magico e staccò una delle noci gemelle, quella della giovinezza ritrovata. Carolina(*) la raccolse e cominciò a sbucciarla.
Ma a quel punto il Gran Mago sfidò il Granchio Pau Amma a fare un incantesimo, se ne era capace. Pau Amma ci provò ma senza riuscirci, era grande e grosso ma non era magico.
Allora il Gran Mago fece lui la magia: con il solo dito mignolo fece diventare Pau Amma piccolo piccolo, come è poi rimasto fino ad ora, ma anche senza più guscio né pinze, tutto molle ed indifeso.
Così il Gran Mago lo canzonò: sei davvero molto potente ora Pau Amma ! Vuoi che chiami Kaban, il re degli elefanti per schiacciarti un po’ ? O preferisci Abdullah, il re dei coccodrilli per morderti un po’ ? Al Granchio non restò che chiedere al Gran Mago che gli ridesse almeno il suo guscio e le sue pinze per potesi defendere e per cacciare.
Era proprio diventato un piccolo sgorbio, molliccio e indifeso !
Il Gran Mago allora ne ebbe pietà e con la sua magia gli rese guscio e pinze, facendolo però restare così piccolo. Inoltre gli disse: tu avrai guscio e pinze per 11 mesi all’anno, ma il 12simo ne sarai senza, per ricordarti sempre che devi comportarti bene e non fare più scherzi.
Allora il piccolo Granchio se ne andò via nel mare e minuscolo com’era subito sparì.
Da allora lo si può vedere qualche volta al sole, sulla sabbia o sugli scogli, mentre cammina per traverso cercando animali più piccoli di lui da catturare per mangiarseli.
E se deve nascondersi può farlo facilmente, sotto una pietra, sotto una foglia, dentro un conchiglia vuota o scavando una buca nella sabbia.

A quel punto tutto sembrava fatto e il Gran Mago disse all’Uomo Adamo di remare per portare indietro la canoa. Ma Adamo si lamentò: abbiamo fatto tanta strada portati dalla corrente per arrivare fin qui, non mi sento di fare una così grande fatica per tornare indietro !
Sei proprio pigro rispose il Gran Mago, vergognati. Però decise di aiutarlo comunque, si rivolse alla Luna in cielo e le disse: tu che sei grande e vicina vedi di aiutare Adamo a navigare, attirando a te il mare come una grande calamita e poi respingendolo, due volte al giorno, in modo che possa andare a pescare in mare e poi ritornare senza sforzo, aiutato dalle correnti.
Così da allora tutti i pescatori ed i naviganti poterono partire la mattina, con corrente della bassa marea verso il largo e tornare la sera, con la corrente di alta marea verso terra.
E Carolina(*), la nipotina di Adamo, regalò a nonnorso la noce gemella della giovinezza, perché potesse diventare più giovane, sano e forte.

(*) Si può sostituire il nome di Carolina con quello di Greta o di un’altra bambina (o bambino) che ascolta questa favola, facendola sentir protagonista.