mercoledì 18 gennaio 2012

GRISELDA










Griselda e il sadico Principe folle.
(dalle favole classiche di Perrault)

Ai limiti della pianura ed ai piedi delle alte montagne , viveva un principe giovane e valoroso, amato da tutti, dotato nel corpo e nello spirito, cresciuto robusto, accorto, agile nel maneggiare le armi e appassionato per le arti belle.

Amava i combattimenti e la vittoria, le grandi imprese, gli atti valorosi, insomma tutto quel che rende famosi; il suo cuore, ricco di affetti, mirava sopratutto a rendere felici i suoi parenti ed amici.
Ma quel fortunato giovane era spesso triste e malinconico e tendeva a vedere in ogni donna la falsità e l'inganno. Per quando una fanciulla fosse brava, bella e meritevole, gli sembrava falsa, piena di orgoglio e di ambizione, una vera nemica, avida soltanto di dominare senza riguardo il disgraziato uomo che si fosse innamorato di lei.
Così decise di non prendere mai moglie, anche quando avesse incontrata la più bella, brava ed intelligente delle fanciulle.
Ogni giorno, dopo aver dedicato il mattino agli affari dello Stato, destinava alla caccia il resto del suo tempo, perché gli orsi, i cinghiali
e le altre belve della foresta, anche se feroci e pericolosi, lo preoccupavano assai meno di una bella ragazza !


Ma i suoi sudditi volevano avesse un figlio capace di governarli un giorno con eguale bravura, così lo pregavano continuamente di prendere moglie e un bel giorno andarono tutti insieme al palazzo per insistere che si sposasse.
Uno di loro, il miglior parlatore del regno, disse tutto quello che si poteva dire sull’argomento, insistendo sul desiderio della popolazione di vedere nascere dal principe un erede adatto a continuare il suo regno. Ma il principe rispose: "Apprezzo le vostre parole, che esprimono il vostro amore per me; ne sono commosso e vorrei farvi contenti domani stesso.
Ma io credo che prender moglie è una faccenda in cui la prudenza non è mai troppa. Le fanciulle, finché rimangono nella loro famiglia, son tutte virtù e bontà, tutte sincerità e pudore; ma, appena sposate, gettano la maschera, dimenticano la saggezza e badano soltanto a fare quel che loro piace.
Alcune diventano di umor pestifero, brontolone, intrattabili, insopportabili;altre fanno solo chiacchiere, smorfie, si danno arie e civettano;altre ancora criticano i loro sposi e credono di sapere tutto loro;infine ci son quelle che pensano solo al giuoco, sperperano patrimoni in quello spasso, gioielli, mobili e, a poco a poco, mandano tutto in rovina.
I loro modi sono vari e diversi, ma tutte sono d'accordo in una cosa: nel volere comandare loro !
Ed io sono convinto che nel matrimonio è impossibile essere felici se si vuole essere in due a comandare. Se dunque desiderate che io m'impegni a prender moglie, cercatemi una fanciulla senza orgoglio e senza vanità obbediente, paziente, remissiva, e quando l'avrete trovata la sposerò"


Così detto il principe montò bruscamente a cavallo e corse a briglia sciolta verso la sua muta di cani che lo attendeva in mezzo alla pianura, senza più pensare ad altro che alla caccia. Galoppò per prati e per campi e raggiunse i suoi amici sdraiati sull'erba verde; tutti si levarono in piedi alla sua vista e col suono dei corni fecero tremare di paura gli animali della foresta. I cani correvano abbaiando e stanando le prede. Il principe diede allora l'ordine di cominciare la caccia e di lanciare i cani sulle tracce del cervo. Risuonarono i corni, nitrirono i cavalli, i latrati dei cani riempiorono la foresta e tutti s'infilarono nel profondo del bosco.
Ma per caso, il principe prese un sentiero traverso, sul quale nessuno lo seguì, ed infine si trovò solo e così lontano da non udire più il suono dei corni ne l'abbaiare dei cani. Il luogo a cui lo condusse la sua strana avventura, era illuminato dal riflesso dei ruscelli nel buio della foresta, e gli dava un specie di segreta paura; la foresta appariva così bella e pura che mille volte egli benedisse il momento in cui si era smarrito. Pieno dei dolci pensieri che sanno suscitare i boschi, le acque e i prati, si sentì a un tratto colpito negli occhi e nel cuore dalla più gentile e tenera vista che sia apparsa sotto la volta del cielo: una pastorella, seduta al margine di un rivo, che filava la lana facendo girare il fuso mentre custodiva il suo gregge.

La fanciulla era bellissima: la sua fronte era candida come il fiordaliso, la naturale freschezza del suo viso era stata protetta dall'ombra della foresta.
Aveva un innocente sorriso infantile e gli occhi velati da ciglia brune erano ancor più azzurri e luminosi del cielo

Il principe, nascosto tra gli alberi vide commosso quella bellezza: ma il rumore dei suoi passi fece volgere la fanciulla che, sentendosi guardata, arrossì diventando perciò ancora più bella. Nell'innocenza di quella timidezza, il principe scorse una dolce, sincera schiettezza, che non avrebbe mai creduto possibile in una donna.
Tuttavia timoroso le si avvicinò e, più timido di lei, le disse con voce tremante di essersi perso, e le chiese se avesse veduto passare dei cacciatori.
"No signore mio," rispose la fanciulla, "non ho visto nessuno; ma non temete, io saprò indicarvi la strada."
"Sono contento per questa avventura" disse il principe. "Da molto tempo passo in questi luoghi, ma fino ad oggi non avevo visto quello che essi nascondevano di più delizioso." Frattanto la pastorella si accorse che il principe si piegavava sulla sponda del torrente per bere. "Signore, attendete un momento" disse; e corsre agilmente verso la sua capanna per prendere una tazza che gli porse tutta sorridente. Nulla, non sarebbe parso più bello, al principe, del piccolo vaso di coccio offertogli dalla pastorella. Insieme attraversarono boschi, dirupi e torrenti per trovare la via che avrebbe condotto alla città il principe, che nel frattempo guardava attentamente quei luoghi sconosciuti, fissandoli nella memoria così da poterli ricordare.

Alla fine del cammino un fresco bosco diede ristoro a due viandanti con la sua ombra, e proprio la, tra i fitti rami il principe vide levarsi in mezzo alla pianura il suo castello con i tetti d'oro.

Salutò allora la fanciulla, allontanandosi da lei, triste di lasciarla, e però contento di averla conosciuta. Ma il giorno dopo fu pieno di tristezza e di noia perché sentiva che quella dolce ragazza gli mancava. Appena gli fu possibile, tornò a caccia e con furbizia si liberò della compagnia del seguito fingendo di smarrirsi ancora nella foresta. Gli alberi e le cime dei monti, che aveva osservato con tanta attenzione, e l'intuito del suo cuore innamorato lo guidarono così bene che, nonostante i mille sentieri diversi, ritrovò la casa della pastorella.
Seppe così che si chiamava Griselda e che viveva di pastorizia insieme a suo padre, col latte delle loro pecore, da cui ottenevano anche formaggi, raccogliendo i frutti del bosco e vestendosi con la lana delle loro pecore, filata e tessuta dalla fanciulla. Sempre di più il principe si sentiva attratto verso di lei, convinto che la bellezza del suo volto riflettesse il suo buon carattere.
Fu quindi felice di questo suo primo palpito di amore,e senza perder tempo, il giorno stesso radunò il suo consiglio e così parlò "Signori miei, io sto infine per decidermi al matrinomio come voi desiderate. Prenderò in moglie una bella, e saggia fanciulla. Quando sarà il momento vi avvertirò"

La notizia subito si diffuse e tutti ne furono contenti.

E fù inutile la fatica di tante ragazze che si davano da fare per poter sposare il principe, il quale, come aveva sempre detto e ripetuto, si sarebbe lasciato attirare solo da un comportamento semplice e modesto. Tutte quante avevano cambiato abito e modo di fare: apparivano devote, facevan la voce dolce, stavano a occhi bassi, facevano le modeste e si erano cuciti abiti accollati e con le maniche così lunghe da lasciar spuntare appena la punta delle dita.
La città era in gran preparativi per il giorno delle nozze: chi costruiva carri da parata, belli, ricchi e bene inventati; chi alzava grandi palchi per godere comodamente lo spettacolo; chi archi trionfali a celebrare le vittorie del principe guerriero e la vittoria dell'amore su di lui. Chi fabbricava fuochi d’artificio da far soppiarein cielo con mille luci;chi organizzava graziosi balletti; chi preparva spettacoli musicali e dappertutto risuonavano arie melodiose.
Ed ecco arrivare il giorno del matrimonio.


L'aurora del dolce mattino, sul fondo di un cielo azzurro e cristallino,
risvegliò tutta la gente in ogni via. Dovunque si diffuse un suon di trombe e pifferi, di flauti e cornamuse e di tamburi, clarinetti e corni.

Alla fine il principe uscì dalla corte salutato da grida di gioia, ma tutti furono sorpresi quando lo videro saltar a cavallo e prender la via della foresta come faceva ogni giorno quando andava a caccia. "Ahimé disse la gente," ecco che la sua passione per la caccia supera sul suo stesso amore. Non c'è nulla da fare”.
Ma egli attraversò rapidamente la pianura, raggiunse il piede dei monti e penetrò nel bosco con grande meraviglia del suo seguito che gli teneva dietro a fatica in quella corsa. Dopo aver percorso i mille sentieri ben noti al suo cuore innamorato, il principe trovò infine la capanna in cui abitava la fanciulla. Griselda, che aveva sentito parlare delle nozze principesche, e aveva indossato il suo abito migliore per assistervi, ne usciva in quel momento. "Dove corri così agile e lieve?" le chiese il principe movendole incontro e guardandola con profonda tenerezza. La fanciulla, stupita, non rispose e si fermò dinanzi a lui. "Non ti affrettare tanto, mia cara pastorella" proseguì allora il principe sorridente, "le nozze a cui ti avii, e di cui io sono lo sposo, non si potrebbero fare senza di te. Si, io ti amo, e ti ho scelta fra mille fanciulle per passare al tuo fianco il resto della mia vita,se tu mi vuoi io sarò tuo sposo." "Oh mio signore" rispose lei, "non posso credere di essere così fortunata, certo volete prendervi giuoco di me." "Sono sincero," rispose il principe. "Tuo padre mi ha già dato il suo consenso, acconsenti dunque anche tu. Ma, affinché duri fra noi una pace serena e sicura, giurami che mi obbedirai sempre."
"Lo prometto e lo giuro" disse allora la pastorella. "Se avessi sposato l'uomo più umile del nostro villaggio, gli avrei obbedito in tutto. Tanto più dovrò dunque farlo ora che trovo in voi il mio principe, il mio signore e il mio sposo."

Così il principe fece la sua dichiarazione e, mentre tutta la corte applaudiva alla sua scelta, egli pregò la pastorella di lasciarsi vestire e adornare come devono essere le spose dei re. Le dame che avevano questo incarico entrarono allora nella capanna ed usarono tutta la loro abilità nel rivestirla con i ricchi indumenti che le erano stati preparati. Frattanto ammiravano quanta dignità possa esserci anche nella povertà e quella rustica capanna coperta e ombreggiata da un grande platano sembrava loro un soggiorno incantato. Poi, in gran pompa, la fanciulla uscì dalla capanna mostrando a tutti la sua grande bellezza e il suo abbigliamento, ma il principe non poté fare a meno di rimpiangere un poco l'innocente semplicità della pastorella di poco prima.

Salita sulla ricca carrozza, la fanciulla sedette con maestà accanto al principe che era pieno di gioia, come se andasse in trionfo dopo una gran vittoria.
Dietro venivano i cortigiani, anche loro ricchi di decorazioni e ben ordinati
secondo l’importanza del loro grado e della loro casata.

La città intera aspettava con impazienza l’arrivo del corteo ed ecco finalmente arrivare la carrozza, che avanzava a fatica tra la folla, con i cavalli storditi dalle grida di gioia, che si impennavano barcollando. Infine tutti arrivarono al tempio dov, con solenne promessa, i due giovani si sposarono
Per poi festeggiare con mille divertimenti nel castello reale: balli, giuochi, corse, tornei diffusero dappertutto l'allegria, finché giunta la sera, tutti andarono a dormire.
Il giorno dopo, ogni Stato della regione inviò i suoi rappresentanti a congratularsi con il principe e la principessa.
Griselda, circondata dalle sue dame, senza mostrare alcuna meraviglia, li ascoltò da principessa e da principessa rispose loro. Fece tutto con incredibile bravura per una ragazza che fino al giorno prima era stata una povera pastorella !
In poco tempo imparò i modi del gran mondo in cui viveva e subito capì il carattere delle varie dame di corte che riuscì a tenerle a bada ancor più facilmente delle sue pecorelle di un tempo. E prima che l'anno terminasse, il cielo volle benedire quell'unione fortunata: nacque una bellissima principessina, tanto cara che tutti non pensavano che a lei ed il principe suo padre veniva a vederla ogni momento e la mamma non smetteva mai diguardarla. Volle allattarla lei stessa dicendo che sarebbe stato un tradimento rifiutarsi a un compito che la piccolina le chiedeva con le sue grida.

Ma allora purtroppo avvenne un grande guaio: il principe ricadde nel suo pazzo malumore, la folle malattia d'un tempo, così che presto tornò ad essere triste e sospettoso, vedendo in tutto quel che faceva la principessa sua moglie inganni, bugie e falsità, arrivando a pensare che lei si mostrasse dolce e sottomessa solo per imbrogliarlo. Il suo spirito di nuovo inquieto non credeva più alla sua felicità e si fabbricava ogni sospetto e ad ogni dubbio.
Così il principe cominciò a guardare con sospetto la principessa, a contrariala, a disturbarla in mille modi. 'Non voglio lasciarmi ingannare,' pensava, 'Se davvero è brava e buona trattandola duramente non farò che rafforzare le sue virtù.
La tenne perciò chiusa nel palazzo, lontana da tutti gli svaghi di corte, in una stanza semibuia dove la teneva isolata. Convinto che ornamenti e i gioielli fossero per una donna l'arma del potere, si fece rendere tutti i preziosi che le aveva donato. Ma la povera Griselda, che si sapeva di non doversi rimproverare nulla e che aveva solo cercato di compiere bene i suoi doveri, glieli restituì senza protestare
"Mio marito mi tormenta per mettermi alla prova," pensava, "mi fa soffrire per allenare le mie virtù e devo perciò sopportarlo”.
Il principe la vedeva obbedire a tutti i suoi ordini, ma non era tranquillo.
“Ho scoperto, pensò' la ragione di questa falsa virtù: finora le ho tolto solo cose che non le stavano più a cuore perché mia moglie ha interesse solo nell’amore per la principessina nostra figlia. Se voglio metterla veramente alla prova, devo portarle via la bambina'
Griselda aveva appena allattato la sua piccolina, che adesso giocherellava con lei e rideva guardandola. "So che l'amate molto," le disse in quel momento il principe, "e tuttavia devo togliervela in questa età ancor tenera per darle un'educazione e difenderla da certe cattive abitudini che potrebbe prendere standovi vicino. Per fortuna conosco una dama piena di spirito che saprà educarla come si conviene. Preparatevi dunque a lasciarla: fra poco verranno a prenderla".

Così detto se ne andò a caccia non avendo il coraggio di vedere ad una mamma la sua amatissima bimba. La principessa Griselda aspettò piangendo l'incaricato di quel compito triste e crudele. "Principessa, bisogna obbedire" le disse prendendole la bambina. Ella la guardò un'ultima volta, la baciò con tutto il suo amore materno e la piccola con le sue manine le restituì la carezza e fù portata via.
Allora la mamma si abbandonò singhiozzando disperata al suo amaro dolore.

Vicino alla città c’era un monastero famoso per bellezza e antichità e una badessa piena buona e amorevole lo dirigeva con regime discreto e severo. Laggiù segretamente e senza dire di chi fosse figlia, fu condotta di nascosto la bimba perché vi fosse custodita, cresciuta ed educata.
Il principe, che cercava di dimenticare nella caccia il rimorso della sua crudeltà temeva di rivedere la principessa Griselda così come si teme di affrontare una tigre a cui sono stati strappati i suoi nati. Ma, quando infine la incontrò, fu trattato da lei con quella dolcezza e perfino con quell'affetto che ella gli aveva sempre mostrato nei giorni più felici.
Tanta bontà lo riempì di rimorso, di vergogna e di tristezza.
Ma due giorni dopo, comportandosi come un pazzo sciagurato arrivò da lei con una nuova finzione per darle nuovo dolore, venne a raccontarle che la loro fanciulla era morta !
La principessa fù straziata da quella notizia, ma nonostante la sua angoscia, vedendo il volto sofferto del Principe disgraziato, ella parve dimenticare se stessa e preoccuparsi solo di consolare il suo dolore.
Questa insuperabile prova di affetto coniugale disarmò il principe e lo commosse nel più intimo, tanto che per poco non rinsavì dalla sua pazzia, dicendo la verità. Ma infine prevalse la sua follia e tacque pensando che doveva mantenere il segreto. Ma quel dolore riavvicinò i due sposi, i quali, nonostante la pazza malinconia del principe, trovarono ancora reciproca tenerezza.

Così passarono ben quindici anni senza che il principe facesse altre pazzie, e se a volte pareva divertirsi a contrariare la sposa, lo faceva solo per abitudine, senza più malizia.
Intanto la principessina cresceva nel monastero saggia, bella ed intelligente. All'ingenua dolcezza della madre, univa la nobile fierezza del padre: aveva : insomma tutte le doti, come una vera stella luminosa nel cielo.
Un giovane della corte, bello e ben fatto, la vide per caso dietro le inferiate del convento e se ne innamorò. Per quell'istinto che spesso hanno tutte le donne belle, la principessina si accorse di quell’amore e presto lo ricambiò teneramente.
Su quel giovane non c'era proprio nulla da dire: era bello, valoroso e nobile. Già da tempo il principe l’aveva notato, pensando di farlo sposare alla giovane principessina sua figlia e fu dunque molto contento dell'affetto che li univa .
Ma al solito, pazzo sadico come lui era, decise di complicare le cose.
“Li farò contenti,” pensò “ma voglio mettere alla prova il loro affetto facendoli prima soffrire, così come voglio mettere ancora alla prova la pazienza di mia moglie, così che tutti vedano la sua infinita bontà la sua dolcezza e la sua profonda saggezza.”
Così annunciò alla corte che, siccome non aveva un erede cui lasciare il suo principato e poiché la figlia nata dal suo matrimonio era morta in fasce, doveva cercarsi un' altra sposa più fortunata. Si trattava disse, di una fanciulla di antica e illustre discendenza, educata fin ora in un convento; e dichiarò che ben presto l'avrebbe condotta all'altare. Quella fanciulla era in realtà sua figlia che lui aveva nascosta in quel collegio.

Immaginatevi la disperzione che questa notizia provocò nei due giovani, poiché la nuova sposa avrebbe dovuto essere appunto la principessina. Dal canto suo il principe pazzo avvertì la sua sempre fedele sposa di doversi separare da lei per evitare mali estremi, perché il popolo, ormai sdegnato dalle sue umili origini di pastorella, lo costringeva a sposare un’altra fanciulla nobile. "Bisogna" disse "che ve ne torniate alla vostra misera capanna di pastora: rimettetevi addosso le vesti contadine e andatevene ! La principessa lo ascoltò come sempre tranquilla e silenziosa, nascondendo il suo dolore e le grosse lacrime che cadevano dai suoi begli occhi, senza che il dolore potesse nascondere la sua disponibilità.
"Signore mio, voi siete il mio sposo e il mio padrone" rispose sospirando, ma stando quasi per svenire "e per quanto mi addolori quello chemi dite, ancora vi
obbedirò.

Si ritirò subito nella sua camera, svestì i suoi ricchi abiti e indossò senza dir nulla, i suoi poveri vecchi stracci da pastora e, così umilmente vestita, tornò dal principe e gli disse: "Prima di allontanarmi da voi vi chiedo perdono per non esservi stata gradita. Posso sopportare tutto il peso della miseria, ma non quello del vostro dispiacere. Perdonatemi allora per non esservi stata degna…
Di fronte a tanta bontà il principe era commosso e con le lacrime agli occhi, fece un passo per abbracciarla, ma subito prevalse la sua pazzia, così che le rispose, confuso ma sgarbato: "Non ricordo più nulla; comunque son contento del vostro pentimento. Non ho altro da dire: andate via ora, che è tempo vi allontaniate.

La principessa obbedì e se andò accompagnata dal suo vecchio padre pastore dicendogli: "Torniamo ai nostri boschi e lasciamo senza rimpianti il lusso del castello. La nostra capanna è povera, ma vi si può trovare un riposo più sicuro, una pace più dolce e una maggiore innocenza."

Tornata nella sua casetta solitaria, ella riprese a filare sul bordo dello stesso ruscello su cui il principe l'aveva incontrata. E là il suo cuore sereno e senza rancori pregò il Cielo di guarire il principe suo sposo e di farlo rinsavire dalla sua pazzia.
Ma il principe pazzo volle metterla ancora alla prova e le mandò a dire di venire da lui perché voleva parlarle.
"Griselda" le disse quando lei fù arrivata, "voglio che la principessa che devo sposare domani sia contenta di voi e di me. Aiutatemi dunque a rendermi grato alla donna che amo. Voi sapete come voglio essere servito: voi che siete così brava fate in modo che dappertutto si senta la presenza del mio amore per la mia nuova sposa. Impegnate tutta la vostra bravura nel preparare il suo appartamento in modo che ci sia abbondanza, ricchezza, armonia e buon gusto; insomma, pensate che si tratta di una giovane principessa che io amo teneramente. Anzi, per darvi un'idea ancora più precisa del vostro compito, voglio farvi conoscere colei che dovete servire.
Così mandò a prendere la principessina, che quando arrivò apparve più bella dell’aurora più splendente. Subito Griselda sentì nel cuore un dolce impulso di tenerezza materna; le tornò il ricordo del tempo trascorso e dei giorni felici, e pensò "Ahimé, la mia povera figlia, avrebbe la stessa età e forse la stessa bellezza."

Così fu presa da un affetto così grande e così profondo per la giovane principessa, che appena ella si fu allontanata, seguendo il suo istinto disse al principe: "Permettetemi, signore, di farvi notare che questa bella fanciulla che sta per divenire la vostra sposa, educata negli agi e nel lusso, non potrà sopportare, senza morire, gli stessi trattamenti che io ho sopportato da voi. La mia umile origine, mi aveva preparata a sopportare tutti i mali e le pene che voi mi avete dato senza lamentarmi: ma lei, che non ha mai conosciuto il dolore, morirà certamente ai primi vostri dispetti, alla minima parola dura. Oh, signore, vi scongiuro, trattatela con dolcezza."
"Voi tacete e pensate invece a servirmi come meglio potete "rispose severamente il principe. "Non può una semplice pastora insegnarmi i miei doveri."

A queste parole Griselda abbassò gli occhi e si ritirò.
Frattanto arrivarono da ogni parte i cortigiani invitati alle nozze e il principe li radunò in una magnifica sala e tenne loro questo discorso:

"Nulla al mondo, dopo la speranza, è più ingannevole dell'apparenza; e ne abbiamo qui una prova lampante. Chi non crederebbe che la mia giovane fidanzata, che sta per diventare mia moglie, non sia ora piena di gioia ?
Eppure non è così E chi potrebbe non credere che questo giovane guerriero avido di gloria, non sia contento di questo matrimonio, lui che, nel torneo che seguirà avrà vittoria certa su qualunque rivale? Eppure non è così.
E chi non crederebbe che anche Griselda non pianga e si disperi ?
Tuttavia lei non piange, è mite e sottomessa: insomma, sembra la pazienza stessa. E infine chi non crederebbe, nel vedere la bellezza della fanciulla da me amata, che nulla possa eguagliare la mia fortuna di divenirne sposo ?
Ma se davvero dovessi sposarla io, fra tutti i principi del mondo, sarei il più disgraziato.
Vi sembra questo un mistero difficile da spiegare ?
Due sole parole vi faranno capire, e queste due parole risolveranno anche tutto il dolore di cui vi ho parlato.
Sappiate dunque che la bella fanciulla, di cui mi credete invaghito, è mia figlia e che io la dono in moglie a questo giovane signore che l'ama e ne è riamato. Sappiate ancora che, intimamente commosso dalla pazienza e dalla bravura della mia saggia e fedele sposa, da me follemente scacciata, la riprendo con me per ripartire con il più dolce e sincero affetto e per rimediare al barbaro trattamento che la mia pazzia le ha dato. D’ora in poi metterò ogni cura nel soddisfare tutti i suoi desideri, più di quanta ne abbia mai avuta nel darle dolori con le mie assurde prove!"


Così come quando una nera nuvola oscura la luce del giorno e il cielo buio minaccia da ogni parte uragani, ma poi i venti spazzano via la nuovolaglia ed un brillante raggio di sole si riversa sulle campagne e tutto sorride e torna bello, così in tutti quei volti pieni di tristezza sbocciò improvvisamente la più viva allegria.
La principessa, felice di sapersi figlia del principe, si gettò alle sue ginocchia; suo padre la rialzò, la baciò e la condusse alla madre che, per troppa gioia, era quasi svenuta, ma appena potè bracciarla scoppiò in un pianto di gioia. "Bene" disse il principe, "avrete tempo per soddisfare la vostra tenerezza; adesso rivestite i vostri ricchi abiti regali e celebriamo le nozze.

Furono condotti al tempio i nostri innamorati e in quella santa sede, dinanzi a tutti i sudditi si scambiarono gli anelli della fedeltà.
Tutto fu gioia e allegria: grandi tornei, danze, giuochi, festini…insomma, il più bel giorno che si ramenti ancora in quel principato.

Tutti guardavano Griselda e lodandola per la sua grande pazienza e per il suo cuor generoso: ed arrivarono persino a perdonare quel principe pazzo, crudele e capriccioso, con tutti i suoi sadici maltrattamenti.

Io fui anche quella volta invitato alle nozze fastose, ma conoscendo bene tutti i precedenti di quella vicenda, portai con me anche la Fata Madrina di Cenerentola, perché durante il grande banchetto nuziale propinasse segretamente al principe pazzo una pozione di saggezza per farlo definitivamente rinsavire.

La Fata Madrina, molto abile ed astuta, riuscì a versare di nascosto la sua magica polverina nella coppa di vino che il principe stava bevendo.
La pozione fece subito effetto e da allora in poi il principe non fece più pazzie !

Anzi, siccome la Fata giustamente non si fidava della riacquistata saggezza del principe, aveva esagerato con la dose.
Così il principe dopo di allora e per sempre divenne talmente mite, buono, affettuoso e ragionevole che si comportava come un cagnolino, sempre scodinzolante ed obbediente ai comandi della moglie Griselda, della loro figlia e dei nipotini che poi nacquero.
E quando appena sembrava venirgli qualche malinconia bastava intimargli: “alla cuccia, principe !”e lui subito si ammansiva, tornando buono ed obbediente.


Nonnorso

(tratto e semplificato dalle fiabe classiche di Charles Perrault)
A destra immagine del principe cagnetto obbediente
dopo la cura della Fata Madrina. Magicabula...!


Morale supplettiva di nonnorso:
Non si deve mai essere grati a chi cessa di essere malvagio..."
(Marcello Marchesi: "Il sadico del villaggio")