domenica 2 ottobre 2011

La Principessa rapita 1^ Parte



IL PRINCIPE VITTORIOSO E LA PRINCIPESSA RAPITA 1^ Parte.

Victor non ebbe modo di godere il trionfo della sua prestigiosa vittoria al Torneo delle dieci prove: l'attenzione generale si era totalmente spostata sul rapimento della Principessa Monia, evidentemente ad opera di Karimbad, il Principe Indiano
superato da Victor nella competizione che prevedeva la mano della Principessa come possibile premio.
Le navi della delegazione Indiana che scortava il Principe Karim erano scomparse quella notte dalla baia, senza alcun avviso nè dovuto omaggio a chi le aveva ospitate.
Il rapimento era stato scoperto solo nella mattinata, quando era avvenuto il cambio di guardia nell'ala del Castello Reale dedicata alla Principess
a, e chi fosse l'autore era quindi palese. Le sentinelle del turno di notte erano state trovate addormentate, probabilmente drogate o tramortite, così come le damigelle di compagnia della Principessa.
Mancavano giusto Monia e la sua fedele governante, ma nella sua stanza non c'erano segni di lotta nè di effrazione, così come pure altrove.

Che il Principe Karimbad fosse particolarmente interessato alla mano di Monia era da tempo noto: l'aveva più volte richiesta e con particolare insistenza, preparandosi infine con allenamenti forsennati al Torneo, che intendeva assolutamente vincere per poter poi coglierne il premio: sposare la Principessa. In molte gare aveva barato, ricorrendo all'aiuto di pozioni in grado di esaltare le sue prestazioni ed annullare la fatica delle prove, ed era lui infine che aveva oscuramente tramato per drogare il cavallo di Victor, una volta che seppe che quel destriero era toccato in sorte a colui che era in testa alla classifica e quindi probabile vincitore !
E se non fosse stato per la strenua determinazione di Victor Karim probabilmente sarebbe riuscito nell'intento.

Il Re, padre della Principessa, organizzò subito l’inseguimento dei rapitori, con le navi più veloci e meglio armate al comando del suo miglior marinaio, l’Ammiraglio Pelagus, navigatore e condottiero di grande esperienza.
Ma quando infine riuscirono a partire troppo grande era il vantaggio dei veloci velieri Indiani, che avevano anche potuto approfittare della marea e della termica, favorevoli ad una rapida fuga verso il largo, nel grande mare Oceano, verso le Indie lontane.
Erano quindi scarse le probabilità di poterle raggiungere prima che riparassero nella loro destinazione finale.

Tutto ciò fece pacatamente notare il Mago Architagora a Victor, che esaltatosi per gli improvvisi accadimenti,
subito aveva palesato l’intenzione di unirsi agli inseguitori.
Egli non era ancora esattamente invaghito della Principessa, ma si stava affezionando all’idea di poter impalmare la bella Monia.
In ogni caso, lei poteva essere il premio da lui così faticosamente meritato vincendo il Torneo ed ora che era sparita gli diventava improvvisamente più importante !
Il Mago gli fece intendere che avrebbero assai più facilmente potuto raggiungere i rapitori utilizzando la sua Macchina Volante.
Victor fù subito entusiasta per quella soluzione, ma il Mago ancora dovette chetarlo: occorreva attendere che la macchina avesse terminato di carsi di energia sufficiente per quella lunga spedizione.

Inoltre bisognava anche abbozzare un piano d’azione: quando anche l’avessero raggiunta, loro tre da soli (cane Nupo incluso) avrebbero dovuto affrontare tutti gli uomini della piccola flotta Indiana, come minimo l’equipaggio della nave ammiraglia, cioè almeno una cinquantina di validi marinai guerrieri da non sottovalutare !
Soprattutto dovendo agire nella totale sicurezza per l’incolumità della Principessa rapita.

(a destra: immagine da "Archeologia UFO)

La Macchina volante sarebbe stata pronta soltanto la mattina del giorno dopo, ciò che non era un problema ai fini dell’inseguimento perchè era in grado di volare sull’Oceano ad una velocità tale da poter comunque raggiungere la flotta in fuga entro solo poche ore ! Nel frattempo avrebbero ragionato sul da farsi, definendo un piano di massima che prevedesse la migliore strategia.

Il piano esposto dal Mago a Victor era molto semplice e tutto basato sulla sua magia di scienziato futuribile: raggiunta la flotta in fuga, con il buio della notte si sarebbero portati sopra la nave ammiraglia e nel totale silenzio, per cui la macchina era in grado di volare e fermarsi nell’aria, sarebbero stati praticamente invisibili.
Allora avrebbero scaricato gas soporiferi per addormentare tutto l’equipaggio, così Victor si sarebbe calato in sicurezza sulla nave per cercare la Principessa e poi sollevarla sino alla macchina volante, con cui l’avrebbero velocemente riportata, forse prima ancora che si svegliasse, da suo padre, nel Regno di Continental.
Niente battaglie dunque, nessun duello, né scalate di baluardi od arrampicate su torri merlate: solo banalissima moderna futuribile tecnologia, cioè “magia” per quei tempi.
Il tuttavia romantico Victor, mentalmente predisposto ad epiche imprese, ne fù quasi deluso, ma in fondo anche sollevato: non aveva ancora recuperato l’enorme fatica appena sopportata nel Torneo delle dieci prove !


(a destra: ancora un' immagine da "archeologia UFO"...)


Ma la mattina successiva Victor aveva completamente recuperato e fremeva di partire, perciò il Mago dovette chetarlo: “ricordati che dobbiamo sorprenderli con il buio della notte, se li raggiungiamo troppo presto dovremo sprecare inutilmente energia della macchina volante per rimanere in volo, nell’attesa che arrivi la notte”.
Partirono veloci e silenziosi verso il mezzogiorno, facendo rotta verso il primo, tuttavia lontano, ma probabile approdo della flotta in fuga sulla via delle Indie.
E dopo solo sette ore di volo furono in vista dei cinque velieri in fuga.
Procedevano in fila…”Indiana”, appena sfalsati per meglio cogliere il vento al traverso, con tutte le vele armate e tese, nella fuga veloce, con le prue spumeggianti che battevano ritmicamente l’onda lunga.

L’ammiraglia, su cui presumibilmente erano Karim e Monia, viaggiava al terzo posto,
al centro della piccola flotta, perciò teoricamente più protetta.
Certamente non si aspettava un invisibile, silenzioso attacco dall’alto, incruento se pur fatale.

(immagine di tipico veliero Indiano)


Al buio totale mancava ormai poco, il Mago aveva rischiato di raggiungere troppo tardi i fuggitivi per poterli scorgere: la notte arriva all’improvviso in quelle latitudiniTropicali.
Dovettero quindi attendere assai poco, flottando nell’aria a distanza.
Si avvicinarono poi lentamente con l’oscurità, cercando di non perdere di vista l’ammiraglia, appena sopra la quale il Mago fece in modo d’incollare la macchina volante, procedendo alla stessa identica velocità della nave, sulla quale scaricò, semplicemente tirando una leva, gas soporifero in abbondanza, avendo cura di tenersi opportunamente sopravento, così che il gas potesse discendere tutto o quasi sulla nave.
L’effetto narcotizzante fù pressochè immediato, ma occorreva attendere che giungesse sottocoperta, in ogni anfratto dell’imbarcazione, innonadando ogni boccaporto ed ogni stiva, così che tutto l’equipaggio ne fosse addormentato.
Poi toccò a Victor entrare in azione: imbragato ad una sorta di altalena, fù calato tramite una lunga fune, organizzata su di un paranco meccanicamente azionato dal Mago, avendo unicamente cura di non sbattere contro alberi e vele, ondeggianti nel beccheggio e rollio dell’imbarcazione.

Ciò che fù l’unica sua difficoltà, per altro risolta al meglio: come toccò la tolda affrancò subito la fune per cui vi si era calato ad una bitta, prudenzialmente assai lasca, perché non interferisse con un’eventuale trazione tra la macchina volante.e la nave, che già stava sbandando, ormai priva di controllo.
Subito corse al timone e riprese accuratamente la rotta : c’era anche il rischio di collisione con gli altri velieri che viaggiavano al seguito !.

(a destra: antica immagine d'ipotetica di macchina volante)

Sentì infatti un urlo lontano, provenire da quello che per primo lo seguiva, evidentemente allarmato dall’improvviso sbandamento delle luci di poppa dell’Ammiraglia.
Rispose a sua volta urlando:”tutto bene!”, due delle poche parole indiane che conosceva. Avranno pensato che il timoniere si sia addormentato, pensà Victor, domani faranno rapporto all’ammiraglio Pelagus, che però allora avrà nel frattempo realizzato, troppo tardi, che qui stanotte tutti dormivano !
Fissato il timone nella rotta del vento costante, per cui erano regolate le vele, Victor partì alla ricerca di Monia, dirigendosi deciso al castello di poppa, dove normalmente si trovano gli alloggi dell’armatore, del comandante e degli ospiti di riguardo.
Strada facendo dovette scavalcare diversi marinai di guardia, narcotizzati.
Entrato all’interno del corridoio trovo le porte di alcune cabine, ma non ebbe dubbi circa l’ubicazione di quella in cui probabilmente era rinchiusa la principessa: davanti alla sua porta giacevano addormentati al suolo due marinai, posti evidentemente di guardia.
Victor ne spostò uno che ostruiva l’accesso e tentò di aprire l’uscio, che però era chiuso a chiave, né la trovò addosso alle guardie.
Colse allora una corta scimitarra che armava uno dei due belli addormentati e con quella, inserita a forza nella fessura della serratura la violò facendola saltare.
All’interno era buio, ma avanzando tastoni Victor avvertì un corpo caldo ed inerte, lo sollevò trovandolo stranamente greve e piùttosto flacido, realizzando quindi che aveva preso in braccio la non più giovane governante di Monia !
Ecco un problema che non avevano calcolato, lasciare la poveretta in mano degli Indiani o recuperare anche lei, con i rallentamenti e la fatica che ciò comportava ?
Victor non ebbe dubbi sul suo salvataggio, tuttavia decise di dare la precedenza alla Principessa, che trovò leggiadramente assopita, morbida ma tonica, come alla sua giovane ed avvenente figura si addiceva.
Victor la sollevò senza sforzo, trasportandola all’esterno, sino alla fune che ancora pendeva dalla macchina volante, alla cui estremità imbragò la fanciulla dormiente e risalì con lei, mentre il Mago dall’alto azionava il paranco motorizzato per issare entrambi. Victor spiegò brevemente ad Architagora che c’era anche la governante da recuperare, ma il Mago ne fù subito contrariato e preoccupato:
“Prolungare questa operazione diventa ora estremamente pericoloso: il nartcotico potrebbe cessare il suo effetto da un momeno all’altro e potresti ritrovarti ad affrontare una ciurma ridesta ed inferocita.
Non solo, il mare sta crescendo ed il vento cambiando: non si può lasciare la nave ancora in balia di un timone inchiodato su di una rotta fissa, senza governo alcuno! Se proprio devi cerca di sbrigarti il più velocemente possibile !”
Il generoso Victor si tuffò letteralmente giù per la fune, in un attimo raggiunse di nuovo la tolda del veliero e corse verso la cabina dove ancora giaceva la governante, ma già mentre vi accorreva notò come alcuni marinai, prima completamente storditi, ora stavano iniziando a muoversi in un progressivo risveglio…
Anche la pesante donna che intendeva salvare, come fù da lui imbracciata, aprì velatamente gli occhi e mentre Victor la trasportava all’esterno riprese coscienza e, resasi conto di essere ora in balia di uno sconosciuto, cominciò ad urlare forsennatamente, né servirono a chetarla i ribaditi moniti al silenzio per cui Victor la scongiurava di tacere. Quando furono all’esterno le sue urla risuanarono ancora più acute e veementi, richiamando tutti i marinai di guardia ormai completamente desti, che ebbero così coscienza di un aggressione invasiva, un abbordaggio della loro nave ad opera di sconosciuti e subito si precipitarono contro Victor.
Anche il principe Karimbad fù risvegliato da quelle urla e si precipitò all’esterno, impugnando la sua spada ricurva ed una grossa pistola ad avancarica.
Victor aveva allora deposto la governante, ingaggiando un’impari lotta contro i sempre più numerosi avversari, che ormai accorrevano da ogni dove, richiamati dal crescente clamore della battaglia: il giovane eroe si difendeva in tutti imodi, colpendo i nemici con estrema rapidità ed utilizzando sbarre e manganelli improvvisati, reperiti nelle attrezzature del veliero e saltando con grande agilità da una parte all’altra del battello, aggrappato a cime, scale, drizze e sartie d’ogni specie.
Infine comprese che l’unica sua chançe era la fuga verso l’alto, verso la macchina volante, che avrebbe potuto raggiungere soltanto aggrappandosi alla parte più alta della fune pendente, recidendo l’estremità inferiore, tuttavia ancorata alla nave, con il suo pugnale. Così dunque fece, arrampicandosi come un gatto sulla lunga scala che risaliva alla gabbia di maestra, da dove riuscì faticosamente ad afferrare la fune che là in cima assai fortemente oscillava !
Stava cercando di reciderla, per liberarla dal sottostante ancoraggio, quando vide arrivare Karimbad al suo inseguimento, armato e deciso, subito seguito da uno stuolo di marinai, velocissimamente arrampicati con lui, come tante scimmie.
Victor capì che non sarebbe riuscito a tagliare la corda prima che lo raggiungessero!
L’unica soluzione era allora arrampicarsi su per la fune, a forza di braccia e raggiungere così la macchina volante, alcune decine di metri più in alto.

(a destra: altra immagine da "Archeologia UFO)

Ripartì così su per la fune, ma ancora inseguito da Karimbad e dalla sua ciurma di scimmie assatanate !
Era risalito neppure alla metà quandò udì sopra di lui la voce urlante del Mago:
“Mi spiace ragazzo, ma tutto il peso che state caricando sulla fune, tuo e dei tuoi inseguitori, unito agli strattoni della nave che vi è ancora legata, ci stanno completamente squinternando !
Stiamo rischiando di cadere in mare da un momento all’altro, con tutta la macchina volante ed allora saremo completamente persi ! Sono costretto a lasciarti al tuo destino, ma sono convinto che ci rivedremo ancora. In ogni caso verrò a cercarti.
Addio figliolo, cerca di salvarti!”
Ciò detto il Mago mollò la fune e tutti, gli ormai tanti che vi erano appesi, precipitarono verso il basso: alcuni finirono in mare, altri spiaccicati sulla tolda del veliero, altri ancora tra le vele sciabordanti, su cui scivolarono riuscendo però quasi tutti ad aggrapparvisi. Così capitò a Karimbad ed a Victor.
Quest’ultimo, avvantaggiato dall’aver colto le grida di avviso di Architagora, si era avvinghiato con tutte le sue forze alla fune, rimanendone però ferito alle mani dallo strappo, rimbalzando poi contro le vele, cui infine si era aggrappato.
Ma capì che non aveva più scampo, né l’avrebbe avuto buttandosi al buio nel bel mezzo del mare Oceano, per nuotare verso un approdo assolutamente improbabile.
Si arrese dunque e dopo un duro interrogatorio che dovette subire dal Principe Karimbad, per cui gli dovette render conto dell’avvenuto recupero della Principessa Monia, fù a lungo frustato e rinchiuso, incatenato nella stiva, in compagnia dei topi e dell’umidità salmastra trasudante dalle paratie immerse della nave.

Fine della prima parte.

nonnorso










































































































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