domenica 4 settembre 2011

Le 10 prove del Principe Victor 4^ Parte


(immenso campo di grano)

LE 10 PROVE DEL PRINCIPE VITTORIOSO 4^ Parte
(a lato: scacchiera, reperto archeologico)

La mattina del giorno successivo Victor, si trovo insieme agli altri concorrenti ad affrontare la settima prova.
Sapeva che si trattava di una prova unicamente "mentale", un problema di matematica da risolvere. Fece nondimeno, sotto il controllo del Mago suo maestro, svariati esercizi di respirazione e rilassamento, per ossigenare per bene il cervello, quella parte del corpo che più di ogni altra abbisogna del prezioso gas, l'ossigeno, per funzionare al meglio.
Rilassato e tuttavia molto attento si presentò davanti ai giudici di gara, nel grande salone del Castello Reale, dove erano presenti come spettatori le maggiori autorità del regno, cioè gran parte della Corte, inclusi il Re, la Regina e la bella Principessa Monia.
I dieci concorrenti sedettero ai posti loro assegnati, ad altrettanti banchi opportunamente distanziati tra di loro, per evitare "copiature", proprio come a scuola.

Il capo dei giudici annunciò il quesito della prova dicendo, più ad uso del pubblico che non dei concorrenti, che si trattava di un problema apparentemente molto semplice, di facile soluzione, ma che richiedeva un calcolo molto lungo e laborioso, per effettuare il quale erano disponibili solo 10 minuti, dei fogli di papiro ed uno stilo per scrivervi i calcoli difficilmente memorizzabili.
Ecco il problema:
"Un antico saggio, matematico, filosofo ed inventore Persiano di nome Sessa, aveva inventato il gioco degli scacchi, che offrì al Re di Persia come dono.
Quel Re ne rimase incantato ed entusiasta e disse a Sessa che per premiarlo avrebbe esaudito un suo desiderio, anche il più grande !
Con aria sorniona l'astuto matematico chiese al re di dargli allora un chicco di grano per la prima delle 64 caselle della scacchiera, 2 chicchi per la seconda, 4 per la terza, 8 per la quarta, 16 per la quinta...e csoì via, raddoppiando per ogni casella, sino alla 64esima.
Il Re e tutta la sua Corte rimasero stupiti e delusi, affermando che era sciocco domandare così poco, quando gli si offrivano immani richezze !
Ma Sessa ribattè invece che, per quanto il Re fosse ricco, non avrebbe mai potuto soddisfare la sua richiesta.
Chi aveva ragione, Sessa oppure il Re e la sua Corte ?
Calcolando che ci vogliono 10 chicchi di grano per fare un solo grammo, quale sarà il peso totale del grano accumulato alla 64esima casella della scacchiera ?"
Vincerà chi darà la risposta esatta o comunque si avvicinerà di più ad essa.

Prima ancora che il giudice avesse terminato di leggere il problema Victor aveva già capito quale era il semplice procedimento per la soluzione.
Naturalmente il suo Mago conosceva anche quella leggenda e già gli aveva proposto quel paradossale esercizio. Purtroppo Victor non ricordava il risultato finale, ma conosceva benissima la facile soluzione del problema:
si trattava di calcolare il valore di 2 alla 64esima potenza, cioè 2 per 2=4,
4per 2=8, 8per2=16, 16per2=32, 32per2=64, 64per2=128, 128per2=256, ecc...
ecc...ecc...per 64 volte !
La difficoltà era unicamente nell'effettuare il lunghissimo calcolo a mente nel termine dei dieci minuti consentiti !
Victor ricordava benissimo ch alla fine si sarebbe trovato a raddoppiare numeri di circa 20 cifre !
Ma non si scoraggiò per nulla: tranquillo, rilassato ma concentratissimo, partì subito ad effettuare il lungo conteggio: 64 moltiplicazioni per due...
256, 512, 1024, 2.048, 4.096, 8.192, 16.384, 32.768, 65.236, 130.472 e così via, continuando il calcolo a mente perchè...avrebbe perso tempo a scrivere tutti quei numeri ! Sul foglio di papiro annotava soltanto a quale casella, o potenza numerica, fosse via via giunto: 260.944 corrispondeva alla 19esima casella...Victor sapeva anche che i numeri sarebbero cresciuti in maniera esponenziale, cioè iperbolica, ma mano che fosse andato avanti.
Il suo maestro Architagora gli aveva insegnato ad incasellare nella mente i calcoli più complessi, ricorrendo ad artifici che semplificavano l'importanza delle cifre, arrotondando ad esempio gli zeri...
La regola diceva che avrebbe vinto chi di più avesse avvicinato l'esatta risposta. Il punteggio della prova in ogni caso prevedeva la classifica dei concorrenti nella misura in cui ci fossero andati vicini.
Perciò Victor realizzò che l'esattezza era importante, ma di più lo era terminare la prova nel tempo disponibile !
Quasi tutti i concorrenti scribacchiavano a più non posso, facendo rapidamente scricchiolare gli stili sui papiri, riempiendoli di una caterva di numeri..., ma perdevano così facendo moltissimo tempo !
Solo tre concorrenti procedevano silensiosi, quasi immobili, unicamente segnando con brevi tratti la loro carta, seguendo un ritmo costante e cadenzato, quello del calcolo mentale, cui corrispondeva una moltiplicazione per due, mentalmente eseguita, per ogni potenza numerica.
Quei tre erano Victor, il Principe Indiano Karimbad ed il Cinese Won Lin Uan.
Tutti e tre erano avantaggiati rispetto agli altri concorrenti perché già conoscevano la leggenda del paradosso della scacchiera e dei chicchi di grano e, chi più chi meno, si erano già cimentati con quel calcolo lungo e noioso. Ma nessuno ne rammentava il risultato finale: troppe cifre da memorizzare e poi, ciò che contava della leggenda era l’esito paradossale cui portava la semplice formula matematica.
Victor, Karimbad e Won Lin Uan quindi già sapevano che mai, l’Imperatore di Persia sarebbe riuscito a mettere insieme tanto grano, così da poter soddisfare la richiesta di Sessa, il saggio matematico che aveva inventato gli scacchi.
Ma dovevano anche precisarne la quantità, del grano richiesto, che risultava dalla strana moltiplicazione, per il raddoppio di ogni numero per ciascuna delle 64 caselle della scacchiera !
Procedevano così veloci e concentrati, nel calcolo mentale, segnando sulla carta di papiro solo alcuni segni essenziali.

Ma quando Victor, allo scadere dell’ottavo minuto, stava per concludere il suo conteggio, fù distratto e disturbato da Karimbad, che si era alzato per recarsi al tavolo dei giudici per consegnare il suo compito: lui l’aveva finito per primo !
Victor dovette perciò fare uno sforzo estremo per recuperare la concentrazione e non perdere la memoria delle tantissime cifre che gli ballavano nella mente. Perse così tuttavia alcuni secondi, sufficienti perché anche Won Lin Uan lo precedesse nella consegna della sua soluzione del problema.
Won Lin Uan era riuscito ad essere più freddo, dominando meglio l’emozione terminando il suo conteggio senza interruzioni.
Victor consegnò quindi al terzo posto, allo scadere del nono minuto.
Tutti gli altri arrivarono dopo, quasi sgomitando, allo scadere del decimo ed ultimo minuto disponibile.
Bisognava però a quel punto ancora verificare l’esattezza del risultato !
Il risultato esatto di riferimento era: 18.446.774.073.709.551.616 chicchi di grano, cioè circa 18 miliardi di…miliardi…!
Pari a 1.844.674.407.370.955.161 grammi, cioè 1.844 miliardi di tonnellate !
La Persia a quel tempo produceva circa 10mila tonnellate di grano all’anno.
Per produrre la quantità necessaria a soddisfare la richiesta del saggio Sessa ci sarebbero voluti 100 milioni di anni !
Il calcolo di Victor era arrivato a 1.800 miliardi di tonnellate, lo stesso risultato di Won Lin Uan. Quello di Karimbad era stato di 1.840 miliardi ! Che era dunque il vincitore della prova, perché aveva avvicinato di più l’esatto risultato e perché aveva terminato per primo. Il Cinese era secondo, perché a parità di risultato aveva preceduto Victor, che era così il terzo.
Di nuovo dunque era successo che Victor non vincesse !
Ciò che riapriva l’interesse per la competizione, che a metà Torneo aveva data per scontata la vittoria di Victor.
Questa la nuova classifica, dopo sette prove:
1° Victor, con 66 punti.
2° Karimbad con 63.
3° Won Lin Uan con 55.
4° Piropuls con 47 (giunto solo settimo nella prova).
5°Yakowskj con 40 punti (4° nella prova del calcolo della scacchiera).
Gli altri a seguire.
Accadeva quindi che Karimbad stesse avvicinando pericolosamente Victor:
ormai solo 3 punti li distanziavano !
Per mantenere la sua supremazia nel torneo accorreva a Victor una prova indiscutibilmente perfetta, da vero vincitore !
Sarebbe riuscito nella prossima ?


(a destra foto di una moderna feluca)

La gara successiva, l’ottava del Torneo, sarebbe iniziata nel pomeriggio, sul tratto di mare di fronte al Castello reale: era una regata di barche a vela.
Ognuno dei dieci concorrenti avrebbe avuto a sua disposizione, estratta a sorte, una solida deriva, del tipo “feluca”, antica imbarcazioni nilotica: le barche erano comunque tutte uguali, di legno, lunghe circa 18 piedi (poco più di 6 metri), ben affusolate, per correre veloci nell’acqua, ma con la chiglia profonda e pesante, per evitare le scuffie (rovesciamenti per colpa del vento).
Dotate di un solido timone a barra, fisso a poppavia, armavano sull’unico albero una vela latina, attrezzata in alto sul classico “picco”, in grado di sollevarla per bene, ed una sorta di “tormentina” a prua, una piccola vela triangolare, in grado di sfruttare meglio anche i venti di traverso.
L’attrezzatura velica nel complesso non permetteva però di fare gran chè di “bolina”, l’andatura che permette cioè di “risalire il vento” a zig zag, viaggiandogli contro.
Ciò fù subito chiaro a Victor, il cui Maestro e tutore l’aveva già da tempo iniziato alla nuova navigazione delle vele triangolari, opportunamente regolabili in modo tale da poter “stringere” i venti contrari anche con angoli molto stretti !
Comunque fosse, Victor si sentiva preparato al meglio per quella prova ed era come non mai determinato a vincerla.
Ma non immaginava che le circostanze lo avrebbero costretto ad inventarsi soluzioni assolutamente inusitate ed imprevedibili, al limite del regolamento e perfino della fantasia, assolutamente imprevedibili.

Queste le regole della regata: il campo di gara era compreso nell’ambio golfo antistante il Castello, ma prevedeva anche un uscita in mare più aperto, oltre il promontorio che lo chiudeva ad occidente.
Proprio sotto quel promontorio, essendovi là, vicino a riva, l’acqua più limpida e profonda, vi si erano svolte il giorno prima le gare di apnea.
Il traciato della regata prevedeva dunque la partenza dal molo, davanti al Castello Reale, e poi via diritti sino al promontorio, che bisognava doppiare per entrare poi in mare aperto. Superato il promontorio bisognava virare ancora verso Ovest e seguire la costa, per circa 2 miglia, sino alla boa posta al largo del Faro Occidentale, oltre gli scogli pericolosi che minacciavano la navigazione, a circa 200 metri dalla costa.
A quella boa si sarebbe virato per ritornare, ma rientrando poi nel golfo più avanti, al suo limite Orientale, dove si trovava un’altra boa, girando intorno alla quale si doveva procedere all’interno della baia, sino a raggiungere il traguardo, posto ancora davanti al Castello, tra le stesse due boe da cui era avvenuta la partenza.
In tutto uno dozzina di miglia, più probabilmente 20, calcolando le virate necessarie per utilizzare i venti portanti !
La brezza sostenuta permetteva un’andatura veloce, per cui Victor valutò che avrebbe potuto teoricamente chiudere la regata in circa due ore, due ore e mezza…
Ma imparato l’itinerario di gara cercò subito di fare il punto della situazione: in quel momento c’era un vento teso che soffiava diritto dall’alto mare verso terra, rinforzando e moltiplicandola la consueta termica locale, che nel primo pomeriggio normalmente soffia nella stessa direzione.Lui lo sapeva bene, avendo più volte avuto occasione di verificarlo navigando a vela, quando ancora faceva il pescatore, ai primi tempi, appena arrivato profugo nel paese di Continental
Quindi la situazione si presentava già in partenza più ardua che difficile, essendo il tratto iniziale della regata totalmente rivolto controvento !
E di “bolinare” con quelle vele a disposizione,neanche a parlarne: si potevano giusto fare dei gran traversi, stringendo il vento il più possibile, ma campa cavallo: anche solo per arrivare al promontorio d’uscita c’era da andare avanti e indietro, all’interno del golfo, per svariate volte, perdendo un sacco di tempo.
E non finiva li !
Perché una volta giunti a ridosso del promontorio si sarebbe incontrata una forte corrente in entrata, proveniente dal mare aperto verso l’interno del golfo.
Corrente molto evidente sotto la punta del promontorio, proprio là dove si era svolta la prova di apnea, il giorno precedente.
(v. alla fine del racconto la mappa della regata)

Victor, marinaio e pescatore, apneista e gran nuotatore, l’aveva ben notata e memorizzata, quella corrente di superfice. anche perché, fenomeno strano ma non raro, coincideva con una corrente opposta ed anche più forte, che scorreva in profondità, sul fondo dell’abisso !
Probabilmente sul lato opposto del golfo, ad est, avveniva il contrario, in una sorta di compensazione idraulica delle “termiche” marine, dove giocano un ruolo notevole anche le temperature e la salinità dell’acqua.
Quindi vento contrario e mare contrario ! Era proprio una bella sfida !
Ma tutti partivano, ciascuno a bordo della propria barca, nelle stesse condizioni, per quanto ardue ed impegnative.
Mentre attendeva il suono del gong, che avrebbe dato il via alla regata, per mollare gli ormeggi, Victor calcolò la sua strategia iniziale di gara, cioè quella in cui si sarebbe molto probabilmente vinta la regata, perché di gran lunga la più difficile.
Tra le due sole possibilità date, puntare ad Ovest oppure ad Est, Victor scelse, come la maggior parte dei concorrenti, la seconda, la più logica perché offriva maggiori opportunità di spazi di manovra ed una forza di vento probabilmente maggiore.
Andando ad Ovest ci si sarebbe sicuramente trovati al riparo del promontorio, insaccati in una sorta vicolo cieco, con minor vento e tuttavia ancora contrario.

Victor tesò al massimo le rosse vele della sua feluca, cazzandone le scotte ai limiti della trazione, il picco ben elevato in alto, quasi verticale, così da poter stringere al massimo il vento. Si trovò subito di conseguenza a procedere velocissimo, quasi planando in quell’andatura di strettissimo traverso, a rischio tuttavia di scuffiare, con la barca fortemente sbandata (inclinata), mentre cercava di bilanciare la spinta del vento con tutto il suo peso, aggrappato fuori dall’opposta murata, tenendo il timone grazie ad una cima che aveva subito abilmente attrezzata a mò di prolunga !
E fù subito uno spettacolo entusiasmante, anche per chi poco o nulla capiva di navigazione, cioè dell’andare a vela !
Il gran pubblico presente, tra cui molti marinai e pescatori, furono subito a gridare il nome di Victor, per incitarlo in quella prova e per ribadire l’emozione dello spettacolo che stava offrendo !
In pochi minuti il giovane campione soppravanzò di diverse lunghezze i più vicini avversari: la sua feluca quasi “planava” sull’acqua del golfo.
Presto ne raggiunse il centro, dove dovette moderare l’andatura, perché il vento vi soffiava con tale forza che rischiava di rovescairgli la barca. Puggiò dunque, allontanando la prua dal vento e lascando lievemente le scotte, ma mantenendo comunque una velocità notevolissima.
Giunse così all’estremità orientale del golfo, dove effettuò una magistrale virata, riprendendo poi subito la sua tesa e spumeggiante andatura, in direzione quasi opposta, ma più spostata verso il largo.
Quando si trovo di nuovo in mezzo al golfo, ad incrociare avversari che ancora arrancavano verso la prima virata, fù chiaro non solo il suo vantaggio, ma soprattutto quanto mare egli avesse guadagnato in avanzamento verso il promontorio di uscita:
solo poche centinaia di metri ! Ma non c’erano alternative, quello era l’unico modo in cui era possibile procedere con quelle vele ed in quelle circostanze: una larghissima bolina, con tante virate per poter avanzare di poco ad ognuna di esse.
E Victor, imitato dagli altri concorrenti così continuò a regatare, zizagando all’interno del golgo, ma riuscendo via, via ad avanzare verso il mare aperto.
Dopo la quinta virata al limite est del golfo, si ritrovò in linea per potere finalmente superare il promontorio ad ovest ed uscire così in alto mare: la prua della sua barca puntava ora, nel tiratissimo traverso, all’esterno, poco oltre la punta del promontorio
Ma come Victor temeva e nonostante ogni suo sforzo ed accorgimento, man mano che si avvicinava a quel traguardo l’obbiettivo scadeva, la rotta della feluca si spostava sempre più verso l’interno del Golfo.
Ciò era purtroppo inevitabile a causa di deriva e scarroccio: due forze del mare, entrambe in quel caso sfavorevoli per la rotta in uscita dal golfo.
Una era data dal vento, che oltre a spingere le vele, facendo avanzare la barca, la spostava anche lateralmente, deviandola dalla sua rotta. L’altra, lo scarroccio, era dovuto alla corrente del mare, che in quel caso ugualmente spingeva la barca nella stessa direzione della deriva, cioè in senso contrario a quello necessario per poter finalmente uscire. Era proprio una situazione difficile, che Victor aveva già per altro previsto !
Gli si prospettava allora un ulteriore virata all’interno del golfo, e poi un’altra ancora, per poter poi finalmente forse uscire fuori, nel mare aperto, in linea per il successivo traguardo, che si trovava ad ovest, all’esterno, oltre quel promontorio maledetto.

Ma Victor a quel punto commise un grave errore: arrivato vicino al promontorio tardò troppo a virare, giungendo così ridossato sotto di quello, dove il vento portante andava a scadere, ma rimaneva la spinta contraria della corrente.
Se ne accorse troppo tardi, nel momento in cui cambiò di mura alle vele, spostandole sul lato opposto della barca, mentre virava : non riuscì infatti più a concludere la virata, ma dovette fare una strambata, voltare cioè la barca lasciando la poppa al vento, anziché la prua.
Alla fine di questa disgraziata manovra si trovò arretrato di almeno 100 metri all’interno del promontorio: un disastro ! Che tuttavia, il grande vantaggio già accumulato rispetto agli altri concorrenti gli avrebbe ampiamente compensato, se non fosse che a quel punto si ritrovò anche con le vele che sbattevano, quasi in assenza di vento ! Victor capì allora che per venirne fuori avrebbe dovuto forzare la barca di nuovo verso l’interno del golfo alla ricerca del vento perduto, mangiandosi così di fatto ogni vantaggio rispetto agli altri concorrenti, i primi dei quali stavano ora procedendo proprio verso di lui, leggermente più all’interno, piccolo vantaggio che presto si sarebbe vanificato.
Victor era quasi sull’orlo della disperazione, ma cercò tuttavia se ci fosse un’altra soluzione: pensò ad ogni possibile, inverosimile escamotage, frugando in ogni angolo della sua pur fervida ed allenata fantasia, ma senza trovare nulla.
Ma mentre pensava non perse tempo, già aggiustava le vele con lo scarso vento ora disponibile, per l’unica rotta che la nuova situazione gli permetteva, mentre la barca riprendeva a muoversi, se pur lenta e nella direzione meno utile eppure obbligata. Rammaricandosi e rimproverando se stesso, Victor ebbe a pensare paradossalmente che l’unico modo utile per risolvere la situazione, senza tornare ad altre lunghe virate dentro al golfo, sarebbe stata quella di poter agganciare con la barca la forte corrente che in profondità, giusto sotto il promontorio, scorreva veloce verso il mare aperto…Ma pensare d’immergere la barca a quella profondità era solo una mera assurdità, se non per affondarvela e perderla su quel fondale…
Ma a quel punto gli brillò l’idea, audacissima ed oltre i limiti dell’impossibile !
La barca no, ma le vele avrebbe potuto affonfare !
Improvvisamente gli era balenato il ricordo di un’antica leggenda, narratagli anni addietro dal suo tutore Arcitagora, che raccontava di come gli antichi Fenici adotassero proprio quel sistema per violare le Colonne d’Ercole !
Lo stretto di Gibilterra infatti è caratterizzato da venti forti e prevalenti dall’Atlantico verso il Mediterraneo e da due forti correnti: una di superfice, che spinge ugualmente dall’Oceano verso il grande mare chiuso ed un’altra, che in profondità scorre invece dal Mediterraneo verso l’Atlantico.
I Fenici erano grandi navigatori, ma inizialmente disponevano solo di vele quadre, con le quali era impossibile risalire il vento, senza contare poi la corrente avversa..
Così si erano iventati quello strambo ma ingeniosissimo sistema: calavano al di sotto della barca le vele, appesantite con alcune pietre all’estremità inferiore e trattenute a bordo dalle funi, drizze e strozze.
Le vele, giunte alla profondità utile ad intercettare la corrente favorevole, si gonfiavano sotto la spinta dell’acqua come in superfice facevano con il vento, e trainavano le imbarcazioni fino oltre le temibili Colonne D’Ercole, ultima porta del mondo allora conosciuto, aperta verso l’ignoto.

Questa visione trascorse rapidissima, in una frazione di secondo, nella memoria di Victor, che altrettanto rapidamente decise di osare l’inosabile: sarebbe quella stata una manovra azzardatissima, mai prima tentata a memoria di marinaio che non fosse un antico Fenicio !
Nel tempo di un battito di ciglia calcolò che altrimenti, da dove in quel momento si trovava, per rientrare a portata del vento e recuperare l’andatura necessaria ad uscire finalmente dal Golfo avrebbe dovuto riattreversarlo, virata su virata, almeno altre quattro volte (avanti e indietro, avanti e indietro), ed a quel punto si sarebbe trovato
probabilmente ultimo, in coda alla regata, con uno svantaggio almeno pari al vantaggio per cui risultava in testa sino a pochi minuti prima !
Bando agli indugi, Victor amainò le vele e si mise a remare vigorosamente verso la vicina riva, dove approdò in neppure un minuto. Altri cinque minuti gli occorsero per trovare alcuni sassi abbastanza pesanti e legarli nel bordo inferiore della grande vela quadra, opportunamente terzarolato, cioè richiuso a formare un orlo, all’interno del quale ripose i sassi di zavvorra. Ciò fatto si staccò da riva remando per riprendere velocemente il largo.
Mentre era affacendato in quest’azione, fuori rotta ed a secco di vele, tutti dalla lontana riva si domandavano che cosa mai stesse combinando colui che era sembrato ormai essere l’indiscutibile vincitore della regata.
Soltanto il Mago suo maestro aveva faticosamente intuito le intenzioni di Victor, ma gli pareva impossibile che il suo pupillo fosse immaginoso ed azzardato sino a quel punto.
Giunto ad una cinquantina di metri da riva, Victor stimò .di aver sotto sufficiente fondo per calare le vele e catturare la favorevole corrente sottomarina. Smise allora di remare e calò in acqua la grande vela appesantita, tenendola opportunamente imbragata sotto lo scafo della sua feluca: lavorava rapido, ma con estrema attenzione, regolando la discesa delle funi su entrambi i lati della barca, finchè cominciò a sentire la forza trainante della corrente nella direzione utile ad uscire!
Calò ancora, lentamente le cime, per giungere a catturare il pieno di quell’invisibile torrente sommerso, ma con molta cautela, valutando con estrema cura la profondità, che se fosse sceso troppo avrebbe rischiato d’incocciare con la vela il fondo, col rischio di arrenarvisi miseramente !
Presto Victor realizzò che la barca si stava muovendo, contro il vento e contro la corrente di superfice ! Per quanto la sua velocità fosse molto ridotta ciò appariva, perfino a lui stesso, un incredibile prodigio.
Quando dalla lontana riva della partenza, dove era assiepato il pubblico degli spettatori, capirono che barca avanzava, se pur lenta, ma in assenza di alcuna spinta apparente, ci fù chi si mise ad invocare la magia di quel fenomeno !
Ma ora Victor aveva fissato le funi che reggevano la vela sommersa alle mura (fianchi) della barca e impugnati i remi si era messo con quelli a spingere con vigore per raggiungere una maggiore velocità.
E remando ebbe a confermarsi che se avesse tentato di avanzare con la sola forza dei remi nel migliore dei casi avrebbe potuto stallare sul posto, unicamente contrastando le forze del vento e del mare in superfice, e neppure molto a lungo.
Così invece procedeva, lento ma inesorabile, verso la punta del promontorio, la tanto agognata meta della regata, che ormai distava neppure un centinaio di metri.
Per coprire quella breve distanza gli occorsero tuttavia ben 8 minuti.
Nel frattempo erano giunti a virare a ridosso del promontorio, ma senza riuscire a doppiarlo, altri tre concorrenti: Piropulos, Karimbad e Won Lin Uan, tutti assai vicini tra loro, che edotti dalla fine che aveva fatto Victor, troppo addentratosi sotto il promontorio maledetto, virarovo assai prima di lui, con prudente anticipo.
Victor calcolò che non sarebbero ritornati bordeggiando a tentare ancora il superamento del promontorio prima di un’abbondante mezz’ora.
Tempo entro cui lui avrebbe probabilmente preso finalmente il largo in mare aperto , in misura sufficiente a recuperare poi la vela, riarmarla e ripartire alla buon’ora con il vento giusto per la rotta dovuta, e ciò sino al traguardo !
Una sola incognita ancora gli si palesava: che cosa sarebbe accaduto della sua corrente sottomarina una volta che lui avesse superato la linea del promontorio ?
Avrebbe continuato ad operare ? In quale direzione e con quale forza ?
Ma non ebbe gran tempo per domandarselo, perché presto raggiunse quella critica posizione, verificando che questa volta era stato fortunato, come si addice agli audaci.
La corrente sottomarina continuò infatti a trascinare la barca sino in mare aperto, oltre il promontorio, se pure verso il largo e non ad Ovest, cioè nella direzione prevista dalla regata. Ma non si può pretendere troppo dalla fortuna !
Victor allora ne approfittò per prender il largo, il più possibile, continuando ad aiutare la barca con i remi: gli occorreva un aggio adeguato rispetto alla riva, per poter avere il tempo di recuperare e riarmare la vela.
Mentre infatti lui avrebbe compiuto quelle operazioni la barca sarebbe rimasta alla deriva, in totale balia di vento e di corrente, che l’avrebbero inesorabilmente di nuovo arretrata, nel migliore dei casi contro la costa del promontorio affacciata sul mare aperto, irta di scogli e di secche ancor più pericolose !
Sempre remando verso il largo Victor continuava a guardare il promontorio che si allontanava da un lato ed i suoi avversari che lo facevano dall’altro, così calcolando mentalmente quando avrebbe potuto riarmare la vela e ripartire nella giusta direzione
Decise di farlo quando avrebbe visto il primo dei suoi avversari virare sul lato Est del golfo per ritornare poi verso di lui: gli sarebbe rimasto a quel punto il vantaggio di almeno un quarto d’ora, entro il quale poteva recuperare e riarmare la vela, ma solo essendo abilissimo nel farlo ed in assenza di errori.Quando Piropulos virò, all’estremità opposta del golfo, Victor mollò i remi, attrezzò velocemente la piccola vela di tormentina a prua, utile a filare il vento, cioè a mantenere la barca nella posizione più stabile, senza che avesse a traversarsi al vento ed al mare.
Quindi rapidissimo ed inesorabile recuperò la grande vela, fortemente appesantita dalle pietre di zavvorra e dal peso dell’acqua, ma fù uno sforzo immane, quello che dovette compiere, nonostante l’aiuto del paranco della drizza, in cima d’albero.
Rimise poi in chiaro drizze e sartie ed issò finalmente la grande vela trapezoidale color amaranto, cazzandola al massimo. Saltò infine a poppa, per regolare il timone,
quando ormai la scogliera esterna del promontorio distava da lui solo poche decine di metri ! La barca allora ripartì al traverso sparato, veloce come un levriere, spumeggiando sull’acqua ai limiti della planata !
Solo allora Victor si distrasse per osservare alle sue spalle, dove fossero giunti i suoi avversari: il suo vantaggio a quel punto era ancora notevole, almeno un quarto di miglio, praticamente incolmabile, così procedendo la regata.
Ma tornando a controllare la sua rotta, Victor notò con grandissima preoccupazione che la sua andatura, per quanto tesa e veloce, lo manteneva troppo vicino alla riva, a rischio di scogli o di secche nascoste a fior d’acqua !
Il faro della nuova virata era ancora lontano, almeno un miglio, la feluca procedeva velocissima e sbandata al traverso di un vento teso che soffiava dal largo, ma che determinava una sensibile deriva verso terra, per ovviare la quale Victor avrebbe dovuto stringere ulteriormente le vele, tesandole al massimo possibile.
In effetti un po’ di lasco per farlo lo aveva ancora, ma il peso delle vele bagnate e la tensione delle scotte sotto sforzo gli rendevano l’operazione quanto mai ardua e faticosa. Victor non aveva tuttavia alternative per allontanarsi dalla riva sempre più pericolosamente vicina: o riusciva ad orzare verso Nord Ovest o tentava una virata,
per cui sarebbe tornato indietro, incontro ai suoi avversari, senza tuttavia essere certo che tale costosissima soluzione potesse davvero funzionare.
Decise di tentare un ulteriore tesata delle vele, ma di aspettare ancora un poco perché si ascugassero meglio: cominciò a contare fino a 100, poi avrebbe compiuto l’operazione. Ma mentre contava scrutava anche, con occhi aguzzi ed allarmati il mare davanti a se, per scorgervi l’eventuale macchia di una secca, o lo spumeggiare di un’onda che s’infrangesse su di uno scoglio.
Venticinque, ventisei, ventisette…Uno scoglio ! No, solo uno spruzzo del mare provocato dal vento.
Trentatre, trentaquattro, trentacinque...Una secca ! No, solo alghe galeggianti alla deriva.
Cinquantre, cinquantaquattro, cinquantacinque…Uno scoglio ! Si, quello è uno scoglio senza dubbi ! A circa 100 metri, in rotta di collisione !
Con tutte le sue forze Victor, si aggrappò alla scotte, riuscendo a cazzarle di almeno una ventina di centimetri e poi subito agì anche sulla drizza del picco, portandolo praticamente del tutto in verticale!, come un interrotto proseguimento dell’albero.
Passò poi a regolare il timone, orzando sino ai limiti dello sventamento.
In quella situazione la barca era talmente sbandata che rischiava davvero di scuffiare!
Per evitarlo Victor si era buttato con tutto il peso fuori la mura sopravento, per bilanciare lo sbandamento, ma da quella posizione non poteva vedere lo scoglio pericoloso in arrivo, che stava disperatamente cercando di evitare.
Ma non aveva alternative, non poteva certo alzarsi da li per andare a vedere, in una posizione che sarebbe stata inevitabilmente controproducente.
Del resto fù questione di attimi: Victor vide passare la roccia tagliente a circa due metri dalla barca, quasi a farle la barba ! !
Era andata ! E capì anche che era riuscito a modificare leggermente la sua rotta, quel tanto che gli permetteva ora di allontanarsi, se pur minimamente dalla riva, troppo vicina e troppo pericolosa.
Tirò un lungo respiro e guardò davanti a se, vedendo con grande sorpresa che già stava arrivando alla virata del faro, ne scorgeva anche la boa galeggiante che segnava il limite estremo della regata.
Non guardò neppure alle sue spalle, per non distrarsi, ma anche per scaramanzia.
Ma soprattutto sapeva che a quell’andatura il suo vantaggio sugli avversari non poteva che essere aumentato.
Ciò di cui ebbe presto conferma: eseguita una perfetta virata alla boa del faro, ritornando verso Est gli ci vollero almeno cinque minuti prima di incrociare Piropulos e gli altri due del gruppo inseguitore, cinque minuti che diventavano dieci per le opposte percorrenze incrociate.
Gli avversari lo salutarono assai sportivamente, con grida di apprezzamento ed incitamento, cui lui rispose di conseguenza.

Da quel momento la regata per Victor non fù altro che una passeggiata verso l’inesorabile vittoria. Come lui aveva previsto, la grande difficoltà era consistita nell’uscire dal golfo, contro vento e contro mare, doppiando quel promontorio della malora ! Ciò che lui, pur sbagliando, era infine riuscito a fare nella maniera più stramba, inusuale ed estremamente geniale, oltre che coraggiosa.

Procedendo in sicurezza, ma sempre a velocità altissima grazie alle condizioni, ora le migliori, presto doppiò l’ultima boa ad est del golfo, virando quindi verso il traguardo, dove giunse vincitore con larghissimo margine su Piropulos, che aveva preceduto Karimbad di poche lunghezze, mentre più distanziato arrivò quarto Won Lin Uan.

Ma alla fine della gara, quando tutti i concorrenti furono giunti al traguardo, la giuria tardava a confermare il risultato: c’erano stati dei ricorso contro Victor, per gli espedienti da lui addottati per superare l’impasse in cui era finito a ridosso del promontorio ad ovest del golfo.
Ci fù una lunga discussione e Victor fù chiamato a chiarire e giustificare il suo comportamento di gara, considerato anche che anche i giudici controllori del percorso erano troppo lontani per comprendere le sue stranissime manovre.
Victor molto semplicemente descrisse il suo operato, raccontando come si fosse ispirato all’antica leggenda dei Fenici, violatori delle Colonne D’Ercole.
Tutti rimasero affascinati a quel racconto e per la genialità dimostrata da quel giovane. Il Presidente della giuria infine concluse che tutto era avvenuto nel rispetto delle regole : Victor aveva utilizzato, per far avanzare la sua imbarcazione, unicamente le due forze concesse dalla navigazione: i remi e le vele. Che poi le vele fossero state impiegate per catturare la spinta di una corrente sottomarina, anziché la forza del vento, ciò non poteva che aumentare il merito di quel prode ed ingenioso marinaio !
Giudizio che fù ovviamente acclamato tra le parossistiche ovazioni del vasto pubblico presente.
Solo più tardi, come nel suo stile, il Mago Architagora si congratulò con il suo allievo, mentre rientravano verso casa, insieme al festoso cane Nuppo, che aveva tifato latrando a più non posso per il suo amico e padrone, rimpiangendo di non essere anche lui a bordo, per poterlo aiutare, come spesso faceva quando insieme andavano a pesca.“Bella trovata, ragazzo mio” disse il Mago,”incredibile persino per me: non avrei mai detto che tu potessi ricordare quella leggenda e trarne spunto per rimediare ad un banale, ma grave errore…! E vincere infine alla grande anche questa gara.
Vittoria che dopo le due precedenti prove, buone, ma non esaltanti, proprio ti ci voleva per confermarti in testa alla classifica.
Ma ora andiamo a ritemprarti con esercizi di rilassamento ed il riposo, perché domani è un altro giorno, ci sono altre prove da superare ed il Torneo non ancora terminato nè vinto !”
Fine della 4^ Parte
nonnorso

Qui sotto il "campo" della Regata e la Rotta di Victor, il vincitore








































































































Nessun commento:

Posta un commento