giovedì 4 aprile 2013

IL PICCOLO PRINCIPE 1^ Parte


Molti anni fa, avevo sei anni, vidi in un libro  il disegno di un serpente boa nell’atto di inghiottire un animale. Ecco qui la copia del disegno.
C’era scritto: “I boa ingoiano la loro preda tutta intera, senza masticarla.. Poi non riescono più a muoversi e dormono durante i sei mesi che la digestione richiede”.Decisi allora di fare anch’io un disegno simile. Eccolo:

Mostrai il mio capolavoro alle persone grandi, domandando se il disegno li spaventava. Ma mi risposero: “ Perché mai, dovrebbe spaventare un cappello?” . Il mio disegno non era il disegno di un cappello. Era il disegno di un boa che digeriva un elefante. Affinché lo capissero, disegnai l’interno del boa.
Bisogna sempre spiegargliele le cose, ai grandi. Il mio disegno numero due si presentava così:
Mi dissero allora di lasciare perdere i boa e di applicarmi invece alla geografia, alla storia, all’aritmetica e alla grammatica. Così rinunciai al disegno: il fallimento del mio disegno numero uno e numero due mi aveva disarmato. I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta. Allora scelsi di fare il pilota di aeroplani.
Ho volato sopra a quasi tutto il mondo: e allora la geografia mi è stata molto utile. A colpo d’occhio posso distinguere la Cina dall’Italia, e se uno si perde nella notte, può essere di grande aiuto.
Ho conosciuto molte persone importanti nella mia vita, ho vissuto a lungo in mezzo ai grandi. Li ho conosciuti bene, li ho osservati proprio da vicino. Ma l’opinione che avevo di loro non è molto migliorata. Quando ne incontravo uno che mi sembrava di mente aperta, tentavo l’esperimento del mio disegno numero uno, che ho sempre conservato. Cercavo di capire così se era veramente una persona comprensiva. Ma, chiunque fosse, uomo o donna, mi rispondeva: “È un cappello”. E allora non parlavo più di boa, di foreste primitive, di stelle. Mi abbassavo al suo livello. Gli parlavo di bridge, di golf, di politica, di cravatte. E lui era tutto soddisfatto.

Così ho passato la vita da solo, senza nessuno cui poter parlare, fino a sei anni fa quando ebbi un incidente col mio aeroplano, nel deserto del Sahara. Si era rotto il motore, ero da solo e cercai di riparare il guasto.
Era una questione di vita o di morte, perché avevo poca acqua da bere . La prima notte, dormii sulla sabbia, più isolato che un marinaio abbandonato in mezzo al mare su una zattera, dopo un naufragio.

Ma con grande stupore fui svegliato all’alba da una strana vocetta: “Mi disegni, per favore, una pecora?” “Cosa?” “Disegnami una pecora”. Saltai in piedi come fossi stato colpito da un fulmine. Mi strofinai gli occhi più volte guardandomi attentamente intorno. E vidi una straordinaria personcina che mi stava esaminando con grande serietà.
Ecco qui sopra un disegno che la rappresenta.
Guardavo fisso l’improvvisa apparizione con gli occhi fuori dall’orbita per lo stupore. Dovete pensare che mi trovavo a mille miglia da una qualsiasi posto abitato, eppure quell’ ometto non sembrava smarrito in mezzo alle sabbie, nè tramortito per la fatica, o per la fame, o per la sete, o per la paura.

Non dava l’impressione di un bambino sperduto nel deserto, a mille miglia da qualsiasi abitazione umana. Così gli domandai: “Ma che  fai qui?” Ma lui ancora ripetè lentamente come si trattasse di cosa di molta importanza: “Per piacere, disegnami una pecora…” Così tirai fuori dalla tasca un foglietto di carta e la penna ma gli dissi che non ero bravo a disegnare. Ma lui ancora: “Non importa. Disegnami una pecora…” Non avevo mai disegnato una pecora e allora feci per lui uno di quei disegni che avevo fatto tante volte: quello del boa dal di dentro; e fui sorpreso di sentirmi rispondere: “No, no, no! Non voglio l’elefante dentro il boa. Il boa è molto pericoloso e l’elefante molto ingombrante. Dove vivo io tutto è molto piccolo. Ho bisogno di una pecora: disegnami una pecora”. Feci il disegno.

Ma il disegno non gli piaceva. Ne feci allora altri, ma nessuno gli andava bene. Infine disegnai questo:
“Questa è soltanto la sua cassetta. La pecora che volevi sta dentro”.
E fui molto sorpreso di vedere il viso del mio piccolo  illuminarsi. “Questo è proprio quello che volevo. Pensi che questa pecora dovrà avere una gran quantità d’erba?” “Perchè?” “Perché dove vivo io, tutto è molto piccolo…” “Ci sarà certamente abbastanza erba per lei, è molto piccola la pecora che ti ho data”. Si chinò sul disegno: “Non così piccola che … oh, guarda! … si è messa a dormire…”
E fu così che feci la conoscenza del piccolo principe.



Faticai a capire da dove venisse. Il piccolo principe mi faceva una domanda dopo l'altra ma pareva non sentire mai le mie.
Così, quando vide per la prima volta il mio aereoplano mi domandò: "Che cos'è questa cosa?"
"E’ una cosa - vola. È il mio aeroplano".
Allora gridò: "Allora sei caduto dal cielo!"Ah! Questa è buffa..." E il piccolo principe scoppio in una bella risata che mi irritò. Voglio che le mie disgrazie siano prese sul serio.
Poi riprese: "Allora anche tu vieni dal cielo! Di quale pianeta sei?"
Vidi uno spiraglio nel mistero della sua presenza, così lo interrogai bruscamente: "Tu vieni dunque da un altro pianeta?"


Ma non mi rispose. Guardò invece l'aeroplano e disse: "Certo che su quello non puoi venire da molto lontano..." Poi, tirando fuori dalla tasca il mio disegno della pecora, sprofondò nella contemplazione del suo tesoro, mentre io ero molto curioso per quel suo accenno ad " altri pianeti".
Cercai dunque di tirargli fuori qualche altra cosa: "Da dove vieni, ometto? Dov'è la tua casa? Dove vuoi portare la mia pecora?"
Ma lui disse invece "Quello che c'è di buono, è che la cassetta che mi hai dato, le servirà da casa per la notte".
"Certo. E se sei buono ti darò pure una corda per legare la pecora durante il giorno. E un paletto".
La mia proposta scandalizzò il piccolo principe. "Legarla? Che buffa idea!"
"Ma se non la leghi andrà in giro e si perderà..."
Il mio amico scoppiò in una nuova risata: "Ma dove vuoi che vada!"
"Dappertutto. Dritto davanti a sè..." Ma il piccolo principe mi rispose gravemente: "No, tutto è talmente piccolo da me che non può certo andar lontano!"

Capii allora il suo pianeta era poco più grande di una casa. Tuttavia questo non poteva stupirmi molto.
Sapevo benissimo che, oltre ai grandi pianeti come la Terra, Giove, Marte, Venere ai quali si è dato un nome, ce ne sono centinaia ancora che sono a volte così piccoli che si arriva sì e no a vederli col telescopio.
Quando un astronomo scopre uno di questi, gli dà per nome un numero. Lo chiama per esempio: "l'asteroide 3251".
Ho serie ragioni per credere che il pianeta da dove veniva il piccolo principe sia l'asteroide B 612.

Questo asteroide è stato visto una sola volta al telescopio da un astronomo turco, ma la scoperta non era stata di grande interesse.
Del resto le persone grandi amano soprattutto i numeri.
Quando voi gli parlate di un nuovo amico non vi domandano mai: "Com’è
la sua voce? Quali sono i suoi giochi preferiti? Fa collezione di farfalle?"
Ma vi domandano: "Quanti anni ha? Quanti fratelli? Quanto pesa? Quanto guadagna suo padre?" Allora soltanto credono di conoscerlo.
Se voi dite ai grandi"Ho visto una bella casa in mattoni rosa, con dei gerani alle finestre, e dei colombi sul tetto"" loro non capiscono. Bisogna dirgli: "Ho visto una casa da seicentomila euro", e allora esclamano: "che bella".
Così se voi gli dite: "La prova che il piccolo principe è esistito, sta nel fatto che era bellissimo, che rideva e che voleva una pecora. Quando uno vuole una pecora è la prova che esiste". Bè, loro alzeranno le spalle, e vi tratteranno come un bambino.
Ma se voi invece gli dite: "Il pianeta da dove veniva è l'asteroide B 612" allora ne sono subito convinti e vi lasciano in pace con le domande. Sono fatti così.
Non c'è da prendersela. I bambini devono essere pazienti coi grandi.
Noi che comprendiamo la vita ce ne infischiamo dei numeri !
Mi sarebbe piaciuto cominciare questo racconto come una storia di fate.
Mi sarebbe piaciuto dire: "C'era una volta un piccolo principe che viveva
su di un pianeta poco più grande di lui e aveva bisogno di un amico..."



Fine della prima parte

By nonnorso, da "le petit prince" di Antoine SaitExupery

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